Mussolini, il Capobanda

Aldo Cazzullo, Mussolini. Il Capobanda, Mondadori, 2022, pp. 360, €19,00.



«Cent’anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l’aveva messo al mondo».

Comincia così il racconto di Aldo Cazzullo su Mussolini. Una figura di cui la maggioranza degli italiani si è fatta un’idea sbagliata: uno statista che fino al ’38 le aveva azzeccate quasi tutte; peccato l’alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra.

Cazzullo ricorda che prima del ’38 Mussolini aveva provocato la morte dei principali oppositori: Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, don Minzoni, Carlo e Nello Rosselli. Aveva conquistato il potere con la violenza – non solo manganelli e olio di ricino ma bombe e mitragliatrici -, facendo centinaia di vittime.

Fin dal 1922 si era preso la rivincita sulle città che gli avevano resistito, con avversari gettati dalle finestre di San Lorenzo a Roma, o legati ai camion e trascinati nelle vie di Torino. Aveva imposto una cappa di piombo: Tribunale speciale, polizia segreta, confino, tassa sul celibato, esclusione delle donne da molti posti di lavoro. Aveva commesso crimini in Libia – 40 mila morti tra i civili -, in Etiopia – dall’iprite al massacro dei monaci cristiani -, in Spagna. Aveva usato gli italiani come cavie per cure sbagliate contro la malaria e per vaccini letali. Era stato crudele con tanti: a cominciare da Ida Dalser e dal loro figlio Benitino.

La guerra non fu un impazzimento del Duce, ma lo sbocco logico del fascismo, che sostiene la sopraffazione di uno Stato sull’altro e di una razza sull’altra. Idee che purtroppo non sono morte con Mussolini. Anche se Cazzullo demolisce un altro luogo comune: non è vero che tutti gli italiani sono stati fascisti. E l’antifascismo dovrebbe essere un valore comune a tutti i partiti e a tutti gli italiani.



Aldo Cazzullo ripercorre l'ascesa del fascismo, dalla Marcia su Roma alla caduta definitiva del regime con la morte di Mussolini. Lo fa cercando di sfatare una serie di miti che vorrebbero Mussolini quasi come un benefattore, come un salvatore della patria, come colui che "ha fatto tante cose buone".

Alla fine della lettura di questo libro mi sono posta delle domande: Cosa ho capito? Quale può essere l'insegnamento di questo libro?

Principalmente credo che l'insegnamento sia che la Storia vada studiata e conosciuta prima di esprimere dei giudizi o prendere posizioni sul "sentito dire" o su qualcosa che viene tramandato da racconti spesso di parte o che riportano magari solo una parte della verità. 

Poi ci sono dei punti fermi sui quali nessuno di noi dovrebbe avere dubbi: il fascismo ha rappresentato una delle pagine più buie della nostra storia e in esso non è possibile trovare nulla di positivo. 

Mi ha colpito in modo particolare una riflessione che fa Aldo Cazzullo spiegando che il Bene e il Male non coincidono necessariamente con giusto o sbagliato.


Nella storia la parte giusta e la parte sbagliata non coincidono con il Bene e con il Male. Dalla parte dell’antifascismo c’era anche una minoranza di persone malvagie, che commisero delitti che non dobbiamo nascondere ma denunciare. E dalla parte del fascismo c’erano sicuramente brave persone, che a volte pagarono per colpe non loro. In ogni caso, l’antifascismo resta la parte giusta; il fascismo quella sbagliata.

E l’antifascismo non è morto del tutto con Mussolini. È finito il fenomeno storico sorto in Italia tra le due guerre mondiali. Ma migliaia di uomini, nel nostro Paese e altrove, hanno continuato a professare quelle idee, e dove hanno potuto le hanno tristemente realizzate. Aggiungendo sangue a sangue, crimini a crimini.


Personalmente penso che il fascismo abbia impregnato il nostro Paese e il nostro popolo di idee, pregiudizi e pseudo valori che ci portiamo dietro ancora oggi e che sono fonte di discriminazioni e negazioni di diritti fondamentali in molti segmenti della nostra società. Credo che, anche a distanza di 100 anni (ricorre quest'anno infatti il centenario della Marcia su Roma) e dopo diverse generazioni, ci portiamo dietro un retaggio culturale che sembra ormai insito nel nostro animo.

Proprio per questo dobbiamo essere tutti sempre più convinti e uniti nel combattere tutto ciò che abbia a che fare con la violenza, la violazione dei diritti, con le discriminazioni, con i pregiudizi, non per idee politiche ma per sentimento umano.


La scelta tra il nazifascismo e la democrazia non è una scelta tra destra e sinistra ma tra civiltà e barbarie.

L’antifascismo non è «una cosa di sinistra», è una cosa di tutti, è un valore in cui ogni italiano dovrebbe riconoscersi.



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