Syusy Blady - Giovanni Zucca, Il paese dei cento violini, Edizioni Piemme, 2017, pp. 348, € 18,50.
«Strumenti del diavolo». Il cancelliere del ducato di Modena e Reggio e il parroco di Santa Vittoria sono d'accordo: la musica e il ballo a cui si abbandonano braccianti e contadini a fine giornata sono pericolosi. Fomentano appetiti sconvenienti del corpo. E soprattutto eccitano gli animi e le teste del popolo. Che tra una polca e una mazurca magari si fa venire strane idee. Meglio vietare, limitare. E, se necessario, punire.
Quando Enrica si imbatte in Arturo, e ben presto si innamora di lui, il ragazzo sta appunto fuggendo per non farsi sequestrare il prezioso violino, che gli dà da mangiare. Se glielo prendono è finita. Siamo in un angolo d'Italia dove Dio ha lasciato terra e acqua troppo mischiate e un formicaio di braccianti, scariolanti, contadini sta lavorando alla bonifica, un'impresa immensa e dura. Sono tutti poveri e tutti sfruttati dai caporali. Ma trovarsi a ballare a tempo di musica allevia la stanchezza. Ed è vero che divertendosi vien da pensare che svagarsi è un diritto. È metà Ottocento e qualcosa si mette in movimento a Santa Vittoria, il paese dove quasi tutti hanno un violino e che ha fatto la rivoluzione a tempo di musica e di ballo liscio.
E lì che contadini e braccianti capiscono che l'unione fa la forza, che aiutandosi a vicenda si può trattare alla pari con il potere, che si può vivere meglio e dare un futuro ai figli, magari facendogli studiare musica e avere successo al di là dei confini. Ed è sempre lì che, nel 1911, i contadini si comprano la terra e fondano una delle prime e più grandi cooperative agricole d'Italia. Diventano padroni di loro stessi.
Un racconto corale, dall'Ottocento a oggi, dove la grande storia delle guerre, della rivoluzione russa, delle battaglie socialiste, si intreccia a quelle di Enrica e del suo Arturo, dei loro tre figli, della battagliera Favorita, dei Carpi e dei Bagnoli che hanno dato origine a famose stirpi musicali. Mani che lavorano, che faticano, che si stringono nel ballo e nell'amore e si tengono insieme per essere più forti, al suono di cento violini.
Il paese dei cento violini è la storia di un piccolo paese della Pianura Padana, Santa Vittoria, raccontata attraverso i suoi abitanti, le figure che si sono fatte più notare, quelle che non hanno mai smesso di lottare per migliorare il proprio destino e soprattutto non rinunciando mai alla musica.
Le note musicali si spostano lievi nell'aria, come farfalle in volo, senza sapere di preciso dove vanno. Le melodie e le canzoni sono di chi le suona e le canta fino all'attimo in cui lasciano lo strumento del musicista, le labbra del cantante. Un attimo e, come in un gioco di prestigio, cambiano padrone, perché adesso sono di chi le ascolta e ne gode.
Il rapporto con quello strumento è come un legame amoroso, il violino è esigente, ti vuole tutto per sé. È una passione esclusiva.
[...] O lo suoni al cento per cento con tutto te stesso, o lui non è contento: il violino non lo puoi semplicemente suonicchiare e strimpellare. O tutto o niente.
Quei valzer non saranno stati quelli di Strauss ma andavano bene per far ballare la gente sul pavimento liscio dei posti dove si svolgevano gli intrattenimenti musicali.
Ecco era nato il liscio.
La storia dei protagonisti, i vari Carpi, Bagnoli, Enrica, Prospero e tutti gli altri emerge e intervalla il racconto della Storia dell'Italia, dagli anni subito dopo l'unità, quando "Fatta l'Italia, c'è da fare gli italiani", alle due guerre, fino ai giorni nostri quando Yvonne, discendente sia dai Carpi che dai Bagnoli, attraverso i racconti del nonno, narra la vicenda di un intero paese.
È ancora il tempo in cui l'Italia è solo un'espressione geografica, come dirà qualche anno dopo sprezzante il potente cancelliere austriaco Metternich. Con la cartina dello Stivale, fosse una stoffa, ci si potrebbe cucire un costume di Arlecchino, tanto è varia e colorata. Stati e staterelli dove regnano duchi, principi e sovrani vari. I loro troni sembrano tutti ben saldi, mentre sono tutti più o meno traballanti...
Ho trovato la storia umana molto interessante perché la storia di tutti i piccoli centri per non dire di un'Italia intera, con problemi e difficoltà da affrontare ma, allo stesso tempo, piena di persone con tanta voglia di emergere, determinati e speranzosi nel futuro. Attraverso gli occhi di questi uomini e donne viene raccontata la storia dell'Italia e del mondo: i problemi dell'unità d'Italia, il socialismo, la Grande Guerra, il Fascismo, sfruttando un punto di vista diverso rispetto a quello a cui siamo abituati dai libri di scuola. Questo rende tutto un po' più originale, anche se, a mio parere, la parte storica prende un po' troppo spazio rispetto alla vicenda umana che, in alcuni punti sarebbe potuta essere indagata un po' più profondamente.
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