Silvia Celani, Ogni piccola cosa interrotta, Garzanti, 2019, pp. 288.
Sono le nostre imperfezioni a renderci più forti. Sono
loro a tracciare la strada delle nostre cose interrotte.
«L’amore che ognuno di noi riceve ha la stessa funzione
delle stelle per i navigatori. Ci indica la rotta. Rimane in fondo alle nostre
tasche, così, ogni volta che lo desideriamo, ogni volta che ne sentiamo la
necessità, possiamo accertarci che sia sempre lì affondandovi una mano.»
Ho una grande casa e tanti amici. Non mi interessa se mia madre si comporta
come se io non esistessi. Se mio padre è morto quando ero piccola. Se non
ricordo nulla della mia infanzia. Se, anche circondata da persone e parole,
sono in realtà sola.
Io indosso ogni giorno la mia maschera, Vittoria la brava figlia, la brava
amica, la brava studentessa. Io non dico mai di no a nessuno. Per me va
benissimo così.
È questo senso di apnea l’unica cosa che mi infastidisce. Quando mi succede,
quello che ho intorno diventa come estraneo, sconosciuto. Ma è solo una fase.
Niente potrebbe andare storto nel mio mondo così impeccabile.
Ero convinta che fosse davvero tutto così perfetto. Fino al giorno in cui ho
ritrovato i pezzi di un vecchio carillon di ceramica. Non so cosa sia. Non so
da dove provenga. Non so perché mi faccia sentire un po’ spezzata e interrotta,
come lui. Ma so che, da quando ho provato a riassemblarlo, sono affiorati
ricordi di me bambina. Della voce di mio padre che mi rassicura mentre mi canta
una ninnananna. Momenti che avevo sepolto nel cuore perché, come quel vecchio
carillon, all’improvviso si erano spezzati per sempre.
Eppure ora ho capito che è l’imperfezione a rendere felici. Perché le cose
rotte si possono aggiustare e diventare ancora più preziose.
Silvia Celani ha scritto un esordio che lascerà il segno. Un
esordio con la forza di un romanzo maturo e potente. Chi lo ha letto in
anteprima lo ha paragonato al bestseller dell’anno Eleanor Oliphant sta
benissimo. Una storia che ci dimostra come siano le nostre imperfezioni a
renderci più forti. Sono le nostre fragilità a renderci quello che siamo. Sono
loro a rendere la nostra vita davvero perfetta. Sono loro a tracciare la strada
delle nostre cose interrotte.
Il romanzo di Silvia Celani è, principalmente, un libro compiuto. Capita spesso che libri come questo si interrompano, non arrivino a raccontare lo sviluppo completo delle vicende, lasciando il lettore con una sensazione di incompiutezza e di mancanza, con la necessità di voler sapere qualcosa in più. Qui, invece, la scrittrice ci mostra tutto il percorso del cambiamento di Vittoria, sia in relazione a sé stessa che in relazione agli altri: l'evoluzione dei personaggi è completa e mostrata totalmente al lettore.
Ogni piccola cosa interrotta è un racconto dell'imperfezione. Un'imperfezione che contraddistingue ognuno di noi rendendoci unici.
"[...] dovrai [...] promettermi [...] che non nasconderai mai le tue ferite, piccola mia. Perché ogni ferita guarita, ogni cosa spezzata, interrotta e poi aggiustata è più preziosa dell'oro."
Vittoria ha bisogno di ricomporsi, ha bisogno di aggiustare ciò che le si è rotto dentro e questo meccanismo viene spiegato sapientemente ricorrendo alla tecnica giapponese del Kintsugi.
"«Si tratta di una tecnica giapponese di restauro chiamata kintsugi», mi informa la dottoressa. «Kin come oro e tsugi come riparare. Attraverso il kintsugi, l’oggetto danneggiato accetta e riconosce le proprie fragilità e paradossalmente diventa più forte, più bello e anche più prezioso di prima."
"[...]bisogna proteggere le proprie imperfezioni, perché sono proprio loro a renderci più forti.
Le cicatrici non vanno nascoste; il segreto è riempirle d’oro e lasciarle brillare."
La vita di Vittoria, la protagonista, è perfetta, ma solamente agli occhi degli altri, perché è lei per prima a rendersi conto che la sua vita di perfetto ha molto poco: ha tutto ciò che di materiale potrebbe desiderare una ragazza della sua giovane età, ma non ha qualcosa di molto più importante, qualcosa che i soldi non possono comprare: non ha amore. Lei sente, però, il bisogno di cercarlo questo amore, ha bisogno di capire e sapere se suo padre, morto quando lei era molto piccola le ha voluto veramente bene e se i pochi ricordi che affiorano nella sua mente siano reali oppure solo frutto della sua immaginazione e del suo disperato bisogno di amore.
"[...] anch’io stentavo ormai a riconoscermi. Di punto in bianco avevo smesso di essere io ed ero diventata un’altra, un’estranea"
"Mi sforzai di immaginare cosa si provasse a sentirsi parte di qualcosa, sentirsi qualcosa, sentirsi qualcuno. Qualcuno di insostituibile, di speciale.
Sentirsi amati"
"Non ero altro che un’egoista. Un’egoista insensibile, che rompeva tutto ciò che toccava. Non c’era da stupirsi, se alla fine ero arrivata a rompere anche me stessa."
Non sarà un percorso facile, anzi sarà pieno di ostacoli e difficoltà, che solo tanta forza e tenacia renderanno possibile completare. Ma Vittoria è forte, lo è molto più di quanto immagina e già il solo fatto che lei senta la necessità di chiedere aiuto per uscire da quel mondo senza aria e senza amore che la sta opprimendo rappresenta già un grande passo verso il raggiungimento del suo obiettivo.
"Decido di rimanere sul vago, sul banale, sull’ordinario. La dottoressa in fondo deve curarmi, mica conoscermi. Non mi aspettavo tutte queste domande. Forse speravo che bastasse entrare nel suo studio per sentirmi meglio, come se avesse una bacchetta magica. Invece non è così. Come spiegarle la sensazione di osservare ciò che mi circonda con occhi che hanno disimparato a meravigliarsi, il collo che si è arrugginito e non ruota più, la mente perennemente in stallo?"
Vittoria si sente come se stesse vivendo una vita che non le appartiene, si sente fuori posto e tutto ciò che fa è come se lo facesse da automa. E il rapporto, o forse l'assenza di rapporto, che ha con la madre, di sicuro non la aiuta, anzi contribuisce ad amplificare il suo malessere: sua madre è quasi una sconosciuta per lei.
"In mia madre tutto trasudava rimprovero e recriminazione: la camicia inamidata, la collana di perle tesa intorno al collo, il foulard adagiato ad arte sulle spalle, i capelli disciplinati in una perfetta messa in piega, che sembravano acconciati a quel modo al solo scopo di ricordare al mondo, e a me in particolare, quanto fossi sbagliata, così stropicciata e fuori posto."
"Avrei fatto bene a vestirmi esattamente come mi aveva ordinato, sistemare i capelli esattamente come mi aveva indicato e calarmi sulla faccia una delle mie maschere migliori, l’unica che mi avrebbe permesso di diventare ciò che lei voleva che io fossi: il suo doppio perfetto, in un mondo di doppi perfetti, di replicanti ammaestrati a difendere a ogni costo lo status quo delle proprie magnifiche esistenze. Che poi di magnifico avessero solo l’apparenza, non sembrava interessare a nessuno."
Ogni piccola cosa interrotta è un romanzo pieno di speranza, un racconto che mostra e dimostra come si possa risalire anche dal fondo più profondo, un invito a non arrendersi e un inno a conservare la nostra imperfezione unica.
Commenti
Posta un commento