Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal.
Il fu Mattia Pascal, romanzo del 1904 di L. Pirandello, che trae il titolo dal nome del protagonista.
Mattia Pascal, ritenuto morto nel suo paese, tenta di vivere una nuova vita sotto altro nome, a Roma. Ma presto una serie di penose avventure e un senso di vuoto lo persuadono dell'impossibilità di evadere da quella "forma" che la società gli ha dato; e cerca di rientrarvi. Troppo tardi: la moglie si è risposata e la vita prosegue senza di lui, che è dunque un morto pur essendo vivo.
Luigi Pirandello fu influenzato fortemente dal suo mondo familiare e dalla Sicilia più oscura e segreta, piena di suggestioni, leggende, situazioni di una vita popolare arcaica.
In Pirandello il senso delle proprie radici siciliane si unirà a un patriottismo severo, finalizzato a rivendicare i valori e la tensione ideale del Risorgimento. Ma al fondo siciliano e risorgimentale si accompagnerà una attenzione alle forme più anonime del mondo borghese e piccolo-borghese moderno: nella sua opera si esprimerà un drammatico confronto tra le origini più arcaiche e la modernità, tra la Sicilia e un mondo dai confini sempre più vasti.
Le numerose opere di Pirandello si dispongono come un sistema globale, in cui circola ininterrottamente una folla di situazioni, personaggi, motivi mitici e simbolici, intrecci e schemi narrativi. Questi materiali intendono presentarsi come frammenti o pezzi di esistenza, segni di sofferenze reali, residui di un mondo psichico compresso e carico di tensioni, immagini della crudeltà e dell'aggressività che regolano i rapporti tra gli uomini.
Pirandello non intende ricavare dalla letteratura l'esaltazione di una "vita" esuberante e trionfante, ma partire dalle condizioni della vita reale degli uomini, per scoprirne le contraddizioni, il fondo segreto di sofferenza.
«Scrivere per lui è come ruotare intorno a un groviglio di oggetti in cui si coagula una vita che non riesce a essere se stessa, che lotta continuamente con una forma che la insidia».
In questo contesto si sviluppa la scrittura di Pirandello, una scrittura che tende alla concretezza, che non cerca raffinate soluzioni stilistiche. Pirandello utilizza un linguaggio comune, necessario a dar voce a situazioni concrete, alle contraddizioni insostenibili che emergono dalla vita di tutti i giorni.
«L'intero lavoro dello scrittore si svolge sotto il segno della ripetizione, nello sviluppo di una scrittura che è come un coltello che affonda continuamente nella negatività dell'esistenza, in una pena I medica ile che si identificano lo stesso essere dell'uomo».
Perciò gran parte dell'opera pirandelliana si può considerare come una "stanza della tortura", una messa in scena di un vivere aggressivo, in cui non può realizzarsi una "vita" autentica.
La finzione e l'inganno della vita sociale trovano, per Pirandello, il loro maggiore strumento nella maschera: ognuno di noi si presenta allo sguardo degli altri attraverso un'apparenza esterna, che lo fissa in qualcosa che non corrisponde alla sua reale natura e che gli attacca addosso come una maschera da cui è impossibile liberarsi.
Pirandello concepisce la realtà come un perenne conflitto tra vita e forma: la "vita" è il flusso continuo che viene sempre artificializzato da una "forma" che ne spegne la forza originale. Egli arriva a dimostrare come il dissidio tra vita e forma sia insuperabile.
Le persone vengono sopraffatte dalle maschere, perdono ogni consistenza e ogni valore: il loro posto viene preso da esseri astratti, quasi dei fantasmi. Lo scrittore tende a vedere il suo lavoro come un rapporto con questi fantasmi e da questa ossessione nasce la concezione pirandelliana di personaggio, come entità distinta dall'autore, come essere che cerca di realizzarsi in modo assoluto e vivere una vita autentica nella letteratura e sulla scena. Questa concezione trova la sua principale manifestazione nel romanzo Il fu Mattia Pascal.
Il fu Mattia Pascal è il primo grande romanzo di Pirandello. Venne pubblicato a puntate sulla «Nuova Antologia» tra l'aprile e il giugno del 1904 e subito dopo in volume come estratto della rivista. Questo romanzo apparve come il frutto di un'esperienza appartata e solitaria, e, nonostante la sua originalità, ricevette scarsa attenzione e non benevole valutazioni da parte della critica.
Pirandello fa narrare al protagonista Mattia Pascal una singolare vicenda di morte e reincarnazione che sembra provenire dal "sottosuolo", da un mondo sospeso tra la vita e la morte.
L'unità del personaggio che parla in prima persona è frantumata dal suo riferirsi a tre diverse incarnazioni (il primo Mattia Pascal, Adriano Meis, il redivivo «fu Mattia Pascal»), ciascuna delle quali impone al racconto un punto di vista diverso. In ognuna delle sue incarnazioni il protagonista si trova costretto alla finzione. Egli crede di aver acquistato una libertà illimitata ma ben presto dovrà rendersi conto che, invece, si trova intrappolato in una realtà fatta di finzione e bugie.
Riferimenti bibliografici:
Giulio Ferroni, Luigi Pirandello e il teatro del primo Novecento, in Storia della letteratura italiana. Il Novecento, Einaudi Scuola, 2005, pp. 125-173.
Enciclopedia Treccani online, Il fu Mattia Pascal http://www.treccani.it/enciclopedia/il-fu-mattia-pascal
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