Quel che affidiamo al vento

Laura Imai Messina, Quel che affidiamo al vento, Piemme, 2020, pp. 256.



Sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, si spalanca un immenso giardino chiamato Bell Gardia, in mezzo a cui è installata una cabina, con un telefono non collegato, che trasporta le voci nel vento. Da tutto il Giappone vi convogliano ogni anno migliaia di persone che hanno perduto qualcuno, che alzano la cornetta per parlare con chi è nell'aldilà. Quando su quella zona si abbatte un uragano di immane violenza, da lontano accorre una donna, pronta a proteggere il giardino a costo della sua vita. Si chiama Yui, ha trent'anni e una data separa quella che era da quella che è: 11 marzo 2011. Quel giorno lo tsunami le sottrasse la gioia di essere al mondo. Ma quando a Bell Gardia Yui incontra Takeshi, la sua vita prende un corso inaspettato.

Per rimarginare le ferite di un'esistenza servono coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto di sé. Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene.


Con Quel che affidiamo al vento, Laura Imai Messina ci porta in una dimensione che sembra quasi fantastica, dove tutto appare possibile, ma in realtà ci troviamo solo in Giappone, un mondo che consideriamo lontano e distante, non solo geograficamente ma anche culturalmente e che diventa, per noi, fonte di immaginazione.

Eppure la storia raccontata da Laura Imai Messina potrebbe appartenere a ognuno di noi. Una storia di dolore e di sofferenza, ma anche di voglia di riscatto, di rialzarsi e riprendere in mano la propria vita.

Il luogo al centro del libro esiste realmente in Giappone e, forse, davvero rappresenta qualcosa di magico, qualcosa capace, in qualche modo, di accarezzare e lenire le ferite del nostro cuore e della nostra anima. Ma, allo stesso tempo, rappresenta anche un simbolo, un messaggio per dire "un luogo così lo puoi creare ovunque, anche soltanto dentro di te".


Per rimarginare la vita serve coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto prudente di sé.


Affrontare i propri dolori e provare a curare le proprie ferite non è mai semplice, bisogna trovare una grande forza e un grande coraggio dentro sé stessi, perché nulla può accadere se non lo vogliamo veramente.

La protagonista, Yui, ha passato forse troppo tempo a cercare di galleggiare nel proprio dolore. A un certo punto succede qualcosa che la scuote e, spinta un po' anche dalla curiosità, decide di andare a Bell Gardia, dove pare che ci sia una cabina telefonica che permette di parlare con le persone care che non ci sono più.

Questo luogo, come ho già detto, rappresenta più un simbolo: ognuno di noi può ricreare uno spazio o un modo per comunicare con chi non c'è più, ma, a volte, abbiamo bisogno della tangibilità per renderci conto di quanto tutto potrebbe essere più semplice di come ci appare.

Per Yui, come per chiunque altro, non è semplice fare i conti con il suo dolore, provare a farci pace (che poi, credo che non si faccia mai pace veramente) e a guardare avanti, ma l'incontro con Fujita, la sua presenza e vicinanza la aiuteranno ad affrontare tutto e a riappropriarsi, almeno in parte, di quanto le era stato tolto.

Perché non dobbiamo mai dimenticare l'amore cura, l'amore può essere la più potente delle medicine, anche e soprattutto quando non lo cerchiamo o non ce lo aspettiamo.


È un vero miracolo l'amore.

Anche quello che arriva per sbaglio.

Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene.


Ogni volta che leggo qualcosa di ambientato in Giappone mi sembra di immergermi in un mondo completamente nuovo, sconosciuto e magnifico. Mi rendo conto della diversità di una cultura tanto lontana da noi ma allo stesso tempo così affascinante e con così tante cose da scoprire e conoscere.


La vita consumava, col tempo creava innumerevoli crepe, fragilità. Erano però proprio queste a decidere la storia di ogni persona, a far venire voglia di andare avanti per vedere cosa sarebbe successo poco più in là.



Approfondimento:

- Bell Gardia

- Laura Imai Messina


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