Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba

Ilide Carmignani, Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba, Salani, 2021, pp. 208, € 14,90.



Questa è la favola di Sepúlveda, autore indimenticabile di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare e di molti altri romanzi, ed è essa stessa la storia della sua vita raccontata a un gatto. Nato in un bel giorno di primavera in un albergo nella terra ai confini del mondo, Luis, detto Lucho, comincia il suo racconto dai nonni e dall’infanzia a Santiago, per poi ricordare il primo amore e l’incontro con Carmen Yáñez, sua compagna della vita. Il gatto lo ascolta parlare dell’entusiasmo per l’elezione di un presidente chiamato Allende e del tragico golpe che lo costringerà all’esilio, della lunga esperienza in Amazzonia accanto agli indios shuar, fino all’arrivo ad Amburgo, dove, in una realtà tutta nuova, inventerà la favola della gabbianella per far addormentare i suoi tre bambini. Una vita avventurosa, generosa e intensissima, ‘incandescente’ come dice lui stesso, narrata come una favola dolce e forte – così d’altronde era lui – da Ilide Carmignani, sua traduttrice e amica. Una favola sì, ma un esemplare atto di restituzione, monumento a uno scrittore e all’amore verso la letteratura che crea legami: libro composito fatto di stratificazioni, libro dentro libro, narrazione dentro narrazione, scrittore dentro scrittore, traduttore dentro traduttore. L’autrice, forte di un’intimità di carta con il narratore cileno, ha riversato con grazia in questo libro tutto l’affetto verso Sepúlveda trovando una forma, un’architettura e una voce tutta sua e perfettamente intonata a quella dello scrittore. Perché chi traduce è come se mettesse i piedi nelle orme dell’altro. Come scrive Carmen Yáñez, Sepúlveda ‘attraverso il genere della favola, creando personaggi ispirati dalla grandissima intesa che aveva con la natura e con gli animali, ha esaltato i valori di cui era fatto per passare all’umanità i concetti etici della diversità, dell’uguaglianza, del rispetto dell’altro e della solidarietà. La sua posizione personale di uomo e di cittadino del mondo. Era quella la miniera della sua immaginazione’. All’immaginazione e alle favole di Luis Sepúlveda, anche a quella della sua vita, rimarremo quindi sempre legati.

«Un giorno di tanto tempo fa bussò alla nostra porta un umano grande e grosso, con barba, baffi e capelli neri. Somigliava straordinariamente a Zorba, un mio vecchio amico, come gli umani somigliano sempre al loro gatto o al loro cane. Non aveva gli artigli lunghi come un cerino, ma il sorriso invisibile era lo stesso. Capii allora con emozione che era il famoso Luis Sepúlveda, l’intrepido marinaio che a bordo di minuscoli gommoni arcobaleno bloccava le petroliere che tentavano di sversare la peste nera in mare ,il coraggioso giornalista che svergognava i colpevoli sui giornali, lo scrittore che dava voce alle creature che non avevano voce, insomma l’umano più famoso e più amato dai gabbiani e dai gatti del porto di Amburgo e di tutti i porti dove miagolano gatti e volano gabbiani».




Vola solo chi osa farlo.


La vita e la storia di Luis Sepúlveda raccontate attraverso una favola, così come lui era abituato a fare.


Mi piace raccontare il mondo inventando storie che però dicano la verità. Voglio dar voce a chi voce non ha.


Una favola rivolta ai più giovani ma anche agli adulti, che ci ricorda che non dovremmo mai perdere e mai dimenticarci di quella parte infantile che vive dentro di noi e che ci dona la capacità di continuare a meravigliarci di ciò che ci capita e che, forse, più di tutto ci fa riconoscere e apprezzare la bellezza e la felicità delle piccole cose. Perché, in fondo, un po' di felicità può essere sempre possibile, basta solo saperla riconoscere.


Ero venuto per scrivere il giorno più felice della mia vita, ma appena ho toccato questi tasti mi sono reso conto che anche nelle circostanze più difficili, magari per poco, magari solo per un momento, io sono stato felice ogni giorno della mia vita.


Questa favola, la storia del "Cileno errante", viene narrata attraverso un dialogo tra Luis Sepúlveda, Lucho, e il gatto Diderot, il custode dell'Enciclopedia di Diderot e D'Alembert. Un dialogo che potrebbe sembrare surreale ma che esprime, quasi in modo tangibile, l'amore e il rapporto che Sepúlveda aveva con gli animali e, in particolar modo con i gatti.


Luis Sepúlveda, l'intrepido marinaio che a bordo di minuscoli gommoni arcobaleno bloccava le petroliere che tentavano di sversare la peste nera in mare, il coraggioso giornalista che svergognava i colpevoli sui giornali, lo scrittore che dava voce alle creature che non avevano voce, insomma l'uomo più famoso e più amato dai gabbiani e dai gatti del porto di Amburgo e di tutti i porti dove miagolano gatti e volano gabbiani.


Lucho racconta ciò che ha vissuto, parla della sua famiglia, della sua militanza politica, della sofferenza che ha afflitto il suo Paese e che lo ha portato all'esilio, diventando un cittadino del mondo. Ma non manca di sottolineare quanto di buono, tutto ciò che ha vissuto gli ha regalato: le persone che ha conosciuto, i Paesi dove ha vissuto, le esperienze che hanno forgiato e plasmato il suo animo. 


Forse per la mia nascita avventurosa o per la vita errabonda che ho fatto, ho sempre avuto la sensazione di non appartenere a un posto, ma a tanti, e di avere un'unica, amatissima patria: la mia lingua.


E soprattutto non manca di diffondere i messaggi di cui si è fatto sempre portatore attraverso le sue azioni e la sua scrittura.


Lo scrittore deve stare dentro le cose, deve essere coinvolto dalla realtà del suo tempo.


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