Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1925.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Attraverso le poesie di questa raccolta, Montale esprime la propria visione della vita e del mondo. La ricerca dell'aderenza all'essenzialità dell'ambiente circostante e allo stesso tempo al ritmo musicale rappresentano comunque un'esistenza del rifiuto da parte del poeta.
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