Il Visconte dimezzato

Italo Calvino, Il Visconte dimezzato, Prima edizione, 1951. Letto in edizione Mondadori.


Nella guerra tra Austria e Turchia del 1716, il visconte Medardo di Terralba viene colpito da una cannonata turca in pieno petto e torna a casa dimezzato. Questo truculento inizio dà l’avvio a una fiaba cadenzata come un balletto, nella quale attorno al mezzo-visconte si muovono e s’affannano sudditi più dimezzati di lui: il dottor Trelawney la cui scienza trascura gli esseri umani, il carpentiere Pietrocchiodo che costruisce mirabili ordigni cercando di non pensare che sono forche, l’astratto moralismo dei profughi ugonotti, il decadente edonismo del lazzaretto dei lebbrosi. È una fantasia paga del fuoco di fila delle sue trovate, questa di Calvino, o una pensosa allegoria della condizione dell’uomo contemporaneo sempre “alienato”, mutilato, impossibilitato a raggiungere l’integrità, la completezza?




Il Visconte dimezzato è uno dei libri che fa parte della trilogia I nostri antenati, uscito per la prima volta nel 1951, ma che descrive perfettamente la condizione dell'uomo contemporaneo.

Medardo parte per andare in guerra ma viene presto colpito da una palla di cannone che gli arriva in pieno petto dividendolo a metà. Ritornato in patria, si capisce che la parte che è rimasta è quella cattiva e, infatti, Medardo darà sfoggio di tutta la sua cattiveria prendendosela con tutto e tutti, finché non arriverà anche l'altra metà, quella buona, che cercherà di riparare i danni fatti dalla cattiveria.

Calvino con questo racconto ci parla di ogni uomo contemporaneo perennemente diviso a metà tra il bene e il male, la gioia e il dolore, ma non solo, ci parla anche dell'eterna incompiutezza dell'uomo alla ricerca continua di una completezza.

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