Piedi freddi

Francesca Melandri, Piedi freddi, Bompiani, 2024, pp. 272, € 16,15.



Questo libro è per noi, nati e cresciuti nella pace. Per noi, che stiamo al sicuro nelle nostre tiepide case e guardiamo la guerra attraverso gli schermi degli smartphone. È stato proprio di fronte alle prime immagini dell’invasione russa dell’Ucraina all’inizio del 2022 che Francesca Melandri ha cominciato a collegare quegli eventi ad altri più lontani nel tempo: i luoghi dove la guerra tra eserciti stava rientrando in Europa per la prima volta dopo ottant’anni sono gli stessi che hanno segnato per sempre la vita di suo padre e di decine di migliaia di nostri padri e nonni, tra il 1942 e il 1943, durante la ritirata di Russia. Anche per merito di un paio di valenki, le sovrascarpe di feltro che impedirono ai suoi piedi di congelarsi, Franco Melandri fu uno dei fortunati che dalle steppe ucraine riuscirono a tornare; e nella lunga vita che ebbe in sorte in tempo di pace cercò più volte di raccontare la immane tragedia a cui aveva preso parte. In questo libro le sue parole risuonano, ma soprattutto a parlarci sono i suoi silenzi, le opacità di un uomo che come tanti altri della sua generazione si trovò a combattere dalla parte sbagliata. Questo romanzo è così al tempo stesso il viaggio di una scrittrice alla ricerca della verità di un padre e una meditazione sulla guerra che oggi torna a lambire l’Europa, imponendoci di riflettere su cosa significa davvero la parola “pace”.

Muovendosi indietro e avanti nel tempo Francesca Melandri scopre ricordi rimasti sepolti sotto la neve, li collega a fatti e volti del presente e scava nelle nostre coscienze con la forza della letteratura. Piedi freddi è un libro di alto valore civile, che nel raccontarci due guerre ci racconta ogni guerra, nel ripercorrere il destino di un uomo delinea quello dell’umanità intera, nel rievocare emozioni non rinuncia a ragionare, a voler capire, a trovare il coraggio per prendere posizione.

 

 

Ho aspettato un po’ prima di scrivere di Piedi freddi. Ho voluto farlo sedimentare dentro di me dopo averlo letto. Ho voluto riflettere su ciò che avevo letto e volevo scrivere qualcosa di preciso e puntuale, non una recensione sbrigativa e, magari, raffazzonata.

Perché Piedi freddi ci invita a guardarci dentro, a porci delle domande, ci “costringe” a guardare la realtà e a non voltarci dall’altra parte.

Piedi freddi è un libro sulla guerra in Ucraina, ma anche sulla Seconda Guerra Mondiale e, in particolare, sulla campagna di Russia “che in realtà  fu per lo più Ucraina”, come l’autrice ci ricorda più e più volte durante il libro, quasi fosse un mantra. E poi Piedi freddi è una lettera al padre che non c’è più. Quel padre che ha combattuto in Russia “che era per lo più Ucraina”, quel padre a cui avrebbe voluto porre delle domande che rimarranno senza risposta. Quel padre che ha raccontato molte cose, a modo suo, secondo la sua verità, e che molte altre le ha taciute.

Francesca Melandri parla a tutti noi “Europei dell’Ovest” che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale,  non abbiamo conosciuto la guerra, abbiamo vissuto nella pace, ma che poi, a un certo punto, abbiamo visto la guerra palesarsi vicino a noi, ma forse non abbastanza.

I primi tempi ci sentivamo coinvolti da un conflitto che, forse non ci riguardava direttamente, ma che era molto vicino a noi. Ma poi col passare del tempo (tra poco saranno passati 3 anni dall’invasione russa in Ucraina) ce ne siamo quasi dimenticati, i nostri pensieri sono stati occupati da altro, soprattutto siamo stati presi dalle nostre vite per occuparci, preoccuparci, provare dolore per chi stava soffrendo qualcosa che noi non siamo in grado di capire, mentre noi continuiamo a stare nelle nostre “tiepide case” con tutti i comfort a cui siamo abituati.

Ecco Francesca Melandri ci spinge e ci invita a porci delle domande e a provare a non voltare il nostro sguardo da un’altra parte.

 

Dalle guerre si impara tutto, dalle guerre non si impara niente. Un giorno finirà anche questa, papà, come un giorno finì la tua. E noi cosa avremo imparato?

[…] Forse è la domanda che la guerra ci pone: ma io, in guerra, come mi comporterei?

[…] Se fossi costretta a pormela io, quale sarebbe la mia risposta? Non ne ho idea. So solo che chi afferma  di saper rispondere prima di essere messo alla prova, non ha capito la domanda.


Grazie a Bompiani per la copia in omaggio.


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