Piedi freddi
Francesca Melandri, Piedi freddi, Bompiani, 2024, pp. 272, € 16,15.
Muovendosi indietro e
avanti nel tempo Francesca Melandri scopre ricordi rimasti sepolti sotto la
neve, li collega a fatti e volti del presente e scava nelle nostre coscienze
con la forza della letteratura. Piedi freddi è un libro di alto valore civile,
che nel raccontarci due guerre ci racconta ogni guerra, nel ripercorrere il
destino di un uomo delinea quello dell’umanità intera, nel rievocare emozioni non
rinuncia a ragionare, a voler capire, a trovare il coraggio per prendere
posizione.
Ho aspettato un po’ prima di scrivere di Piedi freddi. Ho voluto farlo sedimentare dentro di me dopo averlo letto. Ho voluto riflettere su ciò che avevo letto e volevo scrivere qualcosa di preciso e puntuale, non una recensione sbrigativa e, magari, raffazzonata.
Perché Piedi freddi ci invita a guardarci dentro, a porci delle domande, ci “costringe” a guardare la realtà e a non voltarci dall’altra parte.
Piedi freddi è un libro sulla guerra in Ucraina, ma anche sulla Seconda Guerra Mondiale e, in particolare, sulla campagna di Russia “che in realtà fu per lo più Ucraina”, come l’autrice ci ricorda più e più volte durante il libro, quasi fosse un mantra. E poi Piedi freddi è una lettera al padre che non c’è più. Quel padre che ha combattuto in Russia “che era per lo più Ucraina”, quel padre a cui avrebbe voluto porre delle domande che rimarranno senza risposta. Quel padre che ha raccontato molte cose, a modo suo, secondo la sua verità, e che molte altre le ha taciute.
Francesca Melandri parla a tutti noi “Europei dell’Ovest” che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, non abbiamo conosciuto la guerra, abbiamo vissuto nella pace, ma che poi, a un certo punto, abbiamo visto la guerra palesarsi vicino a noi, ma forse non abbastanza.
I primi tempi ci sentivamo coinvolti da un conflitto che, forse non ci riguardava direttamente, ma che era molto vicino a noi. Ma poi col passare del tempo (tra poco saranno passati 3 anni dall’invasione russa in Ucraina) ce ne siamo quasi dimenticati, i nostri pensieri sono stati occupati da altro, soprattutto siamo stati presi dalle nostre vite per occuparci, preoccuparci, provare dolore per chi stava soffrendo qualcosa che noi non siamo in grado di capire, mentre noi continuiamo a stare nelle nostre “tiepide case” con tutti i comfort a cui siamo abituati.
Ecco Francesca Melandri ci spinge e ci invita a porci delle domande e a provare a non voltare il nostro sguardo da un’altra parte.
Dalle guerre si impara tutto, dalle guerre non si impara niente. Un giorno
finirà anche questa, papà, come un giorno finì la tua. E noi cosa avremo
imparato?
[…] Forse è la domanda che la guerra ci pone: ma io, in guerra, come mi
comporterei?
[…] Se fossi costretta a pormela io, quale sarebbe la mia risposta? Non
ne ho idea. So solo che chi afferma di
saper rispondere prima di essere messo alla prova, non ha capito la domanda.
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