A Roma non ci sono le montagne

Ritanna Armeni, A Roma non ci sono le montagne, Ponte alle Grazie, 2024, pp. 240, € 18.00.



Uno spazzino gioviale che spinge il suo carretto. Una ragazza semplice ma elegante, con la borsa della spesa e un impermeabile sul braccio. Un giovane uomo, l’aria assorta, la cartella di pelle, forse un professore. Una Mercedes, scura e silenziosa come l’ufficiale tedesco seduto sul sedile posteriore. Una compagnia di soldati che marcia cantando. Perché nel 1944 le compagnie naziste cantano sempre quando attraversano Roma. In quei pochi metri, in quei secondi di trepidazione e attesa passa la Storia. E le storie dei singoli individui che formano i Gruppi di azione patriottica, fondati qualche mese prima contro l’occupante tedesco. Per lo più ragazzi borghesi, spesso universitari, che si tramutano in Banditen, capaci di sparare e di sparire, di colpire il nemico ogni giorno, senza dargli tregua. In quel breve – e infinito – pomeriggio di primavera, dove passato e presente si intrecciano, c’è chi si prepara e chi viene sorpreso, chi muore e chi sopravvive, chi scappa e chi ritorna. E c’è anche chi, sui corpi dei 33 tedeschi uccisi, firma la condanna a morte di 335 italiani. Ritanna Armeni, con l’intelligenza di chi vuole comprendere, e ricordare, conduce i lettori in via Rasella e mette in scena uno degli episodi più emblematici della Resistenza romana.

 

 

Ritanna Armeni ripercorre e racconta quanto avvenne in Via Rasella, a Roma, il 23 marzo 1944.

L’autrice stessa ammette di essere cosciente che raccontare, parlare, analizzare qualcosa che è conosciuto da tutti non è impresa facile: ognuno di noi ha, nella sua testa, una propria ricostruzione e rappresentazione di quanto avvenuto in Via Rasella, dovuta ai racconti e alle ricostruzioni contaminate da ricordi parziali, da idee politiche e da visioni contraddittorie e contrastanti.

Ritanna Armeni non vuole dare una sua visione, non vuole dare un giudizio, non è questo il suo obiettivo. Ritanna Armeni vuole ricostruire i fatti partendo dalle persone che quel 23 marzo 1944 organizzarono “un’azione militare perfetta”. Erano dei giovani ragazzi appartenenti ai Gap. Erano giovani studenti universitari provenienti da famiglie borghesi che volevano essere parte attiva nella lotta contro gli occupanti tedeschi.

Si dice infatti che la Resistenza romana fosse meno incisiva rispetto a quella del Nord perché “a Roma non ci sono le montagne” che permettevano ai combattenti di nascondersi.

Ecco perché questi giovani decidono di organizzare qualcosa di significativo che desse risalto alla loro attività.

Dopo la bomba di Via Rasella, dove morirono 33 soldati, i tedeschi decisero di rispondere all’attacco subito sfoderando tutta la loro crudeltà: decisero che avrebbero ucciso 10 italiani per ogni tedesco morto. Il risultato fu l’Eccidio delle Fosse Ardeatine, dove vennero uccise persone innocenti che non c’entravano niente con la bomba di via Rasella e la maggior parte di loro furono presi solo perché dovevano raggiungere quel numero aberrante pur se non avevano commesso nessun tipo di crimine.

Il tutto avvenne nel silenzio più assoluto, nessuno aveva idea di cosa avessero in mente i nazisti e di quello che stavano commettendo. Infatti la notizia delle Fosse Ardeatine venne data solo dopo che tutto era già avvenuto.

Negli anni i giudizi sui ragazzi di via Rasella furono diversi e contrastanti. Fecero bene, fecero male? Io non lo so e non posso dare nessun tipo di giudizio. Io la guerra non l’ho vissuta, non ho subito l’occupazione e le vessazioni di un popolo straniero, non ho vissuto le privazioni e non ho dovuto lottare per la libertà che ho oggi. Ma so che se io oggi vivo in un Paese libero lo devo a chi ha combattuto, lottato e dato la propria vita perché noi potessimo godere della libertà che a loro era stata arbitrariamente tolta.

 

In via Rasella il 23 marzo 1944 un gruppo di giovani appartenenti ai Gap centrali aveva organizzato e condotto un’azione militare perfetta. Con bombe artigianali e qualche rivoltella aveva attaccato una compagnia del reggimento di polizia Bozen. In nessuna delle capitali del vecchio continente, occupate e sottomesse ai tedeschi, i nazisti avevano subito uno scacco come quello registrato nella piccola e nascosta via romana. Perché di quei ragazzi, che avevano messo in conto di perdere la vita pur di colpire il nemico nazista, nella strada non c’era segno di una memoria? Perché tanta prudenza o timore nel ricordo di un episodio di resistenza, un’azione di indubbio valore militare, politico, patriottico quale quella dei Gap romani?



Grazie a Ponte alle Grazie per la copia omaggio e per l'invito all'incontro con l'autrice.


Approfondimento:

- Gap in Enciclopedia Treccani

- La Resistenza e la Repubblica di Salò, in Storia moderna e contemporanea. Il Novecento, a cura di Paolo Viola, Einaudi, 2000.





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