Di spalle a questo mondo
Wanda Marasco, Di spalle a questo mondo, Neri Pozza, 2025, pp. 416, €20,00.
Se è vero che ogni esistenza viene al mondo per incarnare un dramma, quello di Ferdinando Palasciano e di sua moglie Olga Pavlova Vavilova è tra i più dolenti e irriducibili: è il dramma dell’imperfezione. Fin da bambino Ferdinando ha odiato la morte al punto da fare della salvezza la sua ossessione di medico. Ma una vocazione così grande, scontrandosi con le iniquità subite, non può che fallire e trovare casa nella follia. Olga, nella sua infanzia a Rostov, ha dovuto misurarsi proprio con l’alienazione materna, quintessenza di Storia e fragilità. Unico scampo da essa la fuga, frenata da una radice nascosta sotto la neve e dalla zoppia, che diventa destino e comunione con l’imperfetto. Ma si può vivere a un passo dall’ideale? Ferdinando, dal buio della sua ratio opacizzata, continuerà a salvare asini e pupi; mentre Olga, pur guarita dalla scienza e dall’amore di Ferdinando, tornerà a claudicare. Voi non credete che quando ci spezziamo è per sempre? La domanda che Olga rivolge al pittore Edoardo Dalbono è sintesi di una irreparabilità e di una caduta che restano perenni.
Di spalle a questo mondo mi ha dato l’impressione di essere di fronte a uno dei grandi romanzi del Novecento, di quelli che trattavano l’imperfezione umana, l’incapacità dell’uomo di tenere la vita nelle proprie mani. E per alcuni versi credo che Di spalle a questo mondo sia proprio questo: il racconto dei limiti dell’uomo di fronte all’ineluttabilità della vita, la sua incapacità di reagire e affrontare i dolori e le ingiustizie che la vita ci mette di fronte.
Olga e Ferdinando, i protagonisti del libro, condividono gli stessi dolori e le stesse ferite, che trovano la loro origine nel passato. Li condividono ma non li conoscono: ognuno di loro ha preferito tenerli per sé, in una forma di protezione, facendo finta che non esistessero o che potessero essere rinchiusi in un angolo remoto del passato. Ma purtroppo non è così, perché nessuno di noi può far finta che il passato (e i dolori che lo hanno attraversato) non esista e nel momento in cui meno ce lo si aspetta viene a galla prepotentemente chiedendo il conto.
Eppure Olga e Ferdinando hanno vissuto una vita felice insieme. Per lungo tempo si sono curati e guariti a vicenda, ma poi, in un battito di ciglia, tutto si spezza e si frantuma.
Ferdinando si ammala e Olga ricomincia a zoppicare: i loro fantasmi prendono vita e invadono le loro coscienze.
Lui e io abbiamo
storie da guardare in faccia e un tempo da rivivere. Un tempo… Non so dire con
un’altra parola l’illusione di realtà. È dove ci sono le radici e le mancanze.
Nella malattia Ferdinando prende veramente coscienza della miseria umana, del dolore e del vuoto che ognuno ha dentro, ma questa consapevolezza lo porta a porsi una domanda estremamente razione e dolorosa: come si fa a non diventare pazzi dopo essersi resi conto della miseria umana?
[…] la mente si
torceva nella volontà di distruggere il momento con un’analisi spietata e una
domanda cruciale: sperimentata la condizione umana […] perché non erano
impazziti tutti?
Ferdinando, nella malattia, riuscirà ad avere piena coscienza di sé, della condizione umana e di quanto ciò riguardi tutti, anche e soprattutto i suoi amici che si ritengono sani e lucidi ma che, in realtà, riversano su di lui le loro angosce.
Era l’ora di proibire
ai presenti l’esercizio di una pietà fumosa. Dovevano smetterla di rivolgersi
al malato come a un tracollo si sé stessi, che andassero via, ognuno abbrancato
alla propria decadenza.
Di spalle a questo mondo è un libro che ho trovato molto interessante, soprattutto nella parte centrale che ha catturato totalmente la mia attenzione. Nella parte iniziale e in quella finale la narrazione è un po’ più lenta e prolissa. È un libro che alterna vari piani narrativi: c’è una netta distinzione tra la narrazione che riguarda Olga, tutta in prima persona e quella di Ferdinando in terza persona. La prosa è ricca, corposa, ricercata, in certi punti aulica e con termini spesso desueti, pur con molte parti in lingua napoletana.
Credo che sia un libro che meriti l’impegno per essere letto. Tutti abbiamo bisogno, ogni tanto, di ricordarci la nostra condizione di esseri umani con limiti, con le nostre miserie e le nostre incompletezze.
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