Inferno. Canto XII
VII Cerchio - I Girone: Violenti contro il prossimo. Sono immersi nel fiume di sangue Flegetonte.
All'ingresso del Cerchio troviamo il Minotauro.
La violenza è il tema principale rappresentato dal Minotauro, simbolo della violenza di chi, pur dotato di ragione umana, si è abbandonato a istinti bestiali, arrecando danno al prossimo. Il Minotauro cerca di ostacolare il passaggio di Dante e Virgilio, ma sarà come sempre quest'ultimo a rimettere a posto il mostro infernale.
Lo savio mio inver’ lui gridò: «Forse
tu credi che qui sia ’l duca d’Atene,
che sù nel mondo la morte ti porse? 18
Pàrtiti, bestia: ché questi non vene
ammaestrato da la tua sorella,
ma vassi per veder le vostre pene». 21
Il Canto presenta numerosi esempi di violenti contro il prossimo, soprattutto tiranni. In questo caso è implicita una critica da parte di Dante ai regimi politici che opprimono il popolo.
Il Flegetonte è uno dei quattro fiumi infernali (Acheronte, Stige, Cocito gli altri), formato da sangue bollente in cui i violenti sono immersi in misura diversa a seconda del peccato commesso.
Inferno. Canto XIII
VII Cerchio - II Girone: Violenti contro se stessi (suicidi).
Dante e Virgilio arrivano nel II Girone del VII Cerchio. Qui si trovano i suicidi che sono stati trasformati in arbusti, tra i quali hanno il loro nido le Arpie, delle creature dotate di collo e viso umano, petto piumato, grandi ali e artigli affilatissimi con i quali si aggrappano ai rami.
Dante sente dei terribili lamenti ma non vede nessun dannato per cui pensa che le anime si siano nascoste per non farsi vedere.
Io sentia d’ogne parte trarre guai,
e non vedea persona che ’l facesse;
per ch’io tutto smarrito m’arrestai. 24
Cred’io ch’ei credette ch’io credesse
che tante voci uscisser, tra quei bronchi
da gente che per noi si nascondesse. 27
Virgilio, per fugare i dubbi, invita Dante a staccare un ramo da uno degli arbusti causando così la fuoriuscita dal fusto dell'albero di un rigagnolo di sangue nero.
Però disse ’l maestro: «Se tu tronchi
qualche fraschetta d’una d’este piante,
li pensier c’hai si faran tutti monchi». 30
Allor porsi la mano un poco avante,
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?». 33
Da che fatto fu poi di sangue bruno,
ricominciò a dir: «Perché mi scerpi?
non hai tu spirto di pietade alcuno? 36
Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
ben dovrebb’esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi». 39
Virgilio spiega che ha consigliato lui a Dante di spezzare il ramo per fargli capire. Dopo di che chiede allo spirito di raccontare chi fu in vita.
Lo spirito è Pier Delle Vigne, il più vicino collaboratore di Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero.
Pier custodiva tutti i segreti dell'imperatore ma col tempo i cortigiani iniziarono a complottare alle sue spalle, convincendo l'imperatore della malafede di Pier che, per punizione, venne accecato. Con un gesto disperato, credendo di potersi riabilitare agli occhi del sovrano, Pier decide di togliersi la vita.
Pier Delle Vigne giura di non aver tradito il suo imperatore e implora Dante di raccontare la sua storia.
Poi Virgilio chiede come le anime vengono intrappolato negli alberi. Dopo un profondo sospiro, il tronco spiega che, quando l'anima di un suicida arriva di fronte a Minosse, questi la scaraventa nel settimo cerchio e, nel punto in cui l'anima cade, germoglia. Dopodiché giungono le Arpie che si nutrono delle sue foglie aggiungendo dolore al dolore.
È un Canto ricco di rimandi letterari e composto con uno stile elevato, con numerose metafore e figure retoriche.
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