Silvia è un anagramma

Franco Buffoni, Silvia è un anagramma, Marcos y Marcos, 2020, pp. 336.



Dover nascondere il proprio orientamento sessuale per timore della sanzione della società e della legge ha segnato pesantemente la vicenda umana di molti scrittori del passato.
È stato quasi certamente il caso di Leopardi, e forse anche quello di Pascoli e di Montale.
Ricostruire questo aspetto adesso non cambia ovviamente la valutazione estetica, ma consente un nuovo sguardo, stimolante e libero, su vicende artistiche e di vita, anche per rendere, almeno a posteriori, doverosa giustizia biografica.

Franco Buffoni, pioniere dei Gender Studies in Italia, con una documentata analisi offre risposta a snodi intimi, finora obliterati o irrisolti, di giganti della letteratura.


In questo saggio, l'autore analizza la biografia e le opere di diversi scrittori, poeti e intellettuali, italiani ed esteri, per dimostrare come la critica non abbia voluto vedere e, quindi, far emergere, la loro omosessualità. Ciò è dovuto soprattutto a una certa chiusura mentale, tipica della nostra società e a un eterosessualità dominante tra i critici. Sicuramente molti autori hanno cercato di nascondere questa loro natura, ma Buffoni cerca di dimostrare che analizzando a fondo le loro composizioni si può capire la loro omosessualità e la sofferenza che questa loro condizioni li portava a soffrire. 
Trovo corretto l'approccio a una critica più approfondita e più attenta nei confronti della biografia e delle opere di grandi autori, ma non credo che conoscere questo aspetto, strettamente privato e personale possa cambiare la grandezza o meno di grandi autori come Leopardi o Montale. Costituisce sicuramente un tassello in più per una maggiore comprensione di loro componimenti ma non ne modifica la grandezza o il genio. Non credo sia stata l'omosessualità la discriminante che li ha resi dei grandi scrittori. In alcuni casi mi è sembrato un voler trovare qualcosa a sostegno della propria tesi a tutti i costi. Sicuramente la condizione di omosessualità in periodi non facili ha creato delle difficoltà e delle sofferenze e questo ha contribuito alle sensazioni che hanno portato alla composizione di numerosi scritti dei nostri grandi poeti e scrittori, ma questo credo che non dia l'autorizzazione a cercare, quasi morbosamente, tra la corrispondenza privata che, spesso non ha né attinenza né dipendenza con la produzione poetico-letteraria.
Ripeto trovo che sia giusto non nascondere questo aspetto in fase di critica se esso, però, sia palese e dichiarato dall'autore, mentre non trovo corretto andare a scavare in documenti e scritti, spesso privati, per riuscire a dimostrare qualcosa a tutti i costi. 
Sinceramente ho amato molti degli autori di cui parla Franco Buffoni in questo saggio e, tranne che per Pasolini, la cui omosessualità non è mai stata un mistero, non mi sono mai posta il problema. Sicuramente ciò che uno scrittore o un poeta scrive è frutto delle emozioni che prova e a me interessa ciò che riesce a trasmettermi e se ciò che trasmette riesce a riguardare anche me, a coinvolgermi, poi, per quanto riguarda i suoi gusti sessuali, credo che riguardino la sua sfera privata. Altro fatto, invece, se vogliamo guardare la cosa da un aspetto diverso, ovvero quello del comportamento della società nei confronti degli omosessuali. Ciò riguarda la nostra storia e la nostra cultura, i nostri pregiudizi e i nostri preconcetti. La società ha cercato prima di far finta che l'omosessualità non esistesse, poi ha condannato con pene severissime chi si fosse macchiato di questo reato estremamente grave e offensivo verso gli altri, inculcandoci modi di pensare e di fare. 
Penso che l'essere omosessuale o eterosessuale non faccia una cattiva o una brava persona, non credo sia quella la discriminante. Sono le nostre azioni, il nostro operare che fa la differenza, il resto è qualcosa di totalmente intimo e personale che non deve riguardare gli altri.


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