La nausea

Jean-Paul Sartre, La nausea, 1938, pp. 238. (in edizione Einaudi).



Dopo aver viaggiato a lungo, Antoine Roquentin si stabilisce a Bouville, in uno squallido albergo vicino alla stazione, per scrivere una tesi di dottorato in storia. La sera, si siede al tavolo di un bistrot ad ascoltare un disco, sempre lo stesso: Some of These Days. La sua vita ormai non ha più senso: il passato è abitato da Anny, mentre il presente è sempre più sommerso da una sensazione dolce e orribile, insinuante, che ha nome Nausea. Un romanzo trasgressivo e ricchissimo, sempre attuale, che ci restituisce il disagio del mondo in agonia alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Il libro più libero di Sartre, il più disinteressato e il più appassionato insieme.




Avevo provato a leggere questo libro molti anni fa, ma forse non era il momento adatto, con molta probabilità non avevo né la maturità né le capacità per comprenderne il senso. Infatti ricordo che lo leggevo non riuscendo a coglierne il senso, cosa volesse dire l'autore, mi chiedevo qual era il senso senza coglierne la vera natura. Ora ho deciso di riprovarci e devo dire che il senso mi è stato molto chiaro fin da subito, i messaggi che Sartre vuole trasmettere sono chiari e ben indirizzati.

Il libro non ha una trama e non racconta una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine. È una sorta di diario in cui Antoine Roquentin racconta un periodo della sua vita vissuto nella cittadina di Bouville, dove si è trasferito per fare delle ricerche per un libro che sta scrivendo. La forma usata è riconducibile al flusso di coscienza poiché la voce narrante butta giù i suoi pensieri così come vengono, senza una struttura narrativa preconfezionata.

Ma cosa ci racconta Antoine Roquentin? Egli sente dentro di sé una sorta di malessere di cui cerca l'origine, inutilmente in un primo momento, ma poi, col passare del tempo arriva a delle conclusioni. Il malessere che prova è la Nausea che corrisponde all'Esistenza: a un certo punto Antoine Roquentin acquisisce la consapevolezza di Esistere, ma tutto ciò gli procura solo stati d'animo malevoli, gli procura la Nausea. 

Dopo essere giunto a queste conclusioni, egli passa la maggior parte del suo tempo a pensare e riflettere sulla sua Esistenza, sulla Nausea e su ciò che lo circonda, ma si rende ben presto conto che pensare è ciò che rende possibile l'esistenza e che quindi lo porta alla nausea. Vorrebbe smettere di pensare per non provare più malessere, ma ciò non è possibile.


Se soltanto potessi smettere di pensare. [...] I pensieri, non c'è niente di più insipido. [...] Si trascinano a non finire e lasciano un gusto strano. E poi ci sono le parole, dentro i pensieri, le parole incompiute, le frasi abbozzate che ritornano sempre.


Ma il pensiero sono io che lo continuo, lo svolgo. Esisto. Penso che esisto. Oh! che lunga serpentina questo sentimento di esistere.


Il mio pensiero sono io: ecco perché non posso fermarmi. Esisto perché penso... e non posso impedirmi di pensare. [...] se esisto è perché ho orrore di esistere. Sono io, io che mi traggo dal niente al quale aspiro: l'odio, il disgusto di esistere sono altrettanti modi di farmi esistere, di affondarmi nell'esistenza.


L'espressione "penso quindi esisto" non può che rimandarci al Cogito ergo sum di Cartesio, solo che qui questa espressione viene declinata nella parte peggiore che essa può conferire all'esistenza, quella della consapevolezza di esistere e di scoprire che non è così piacevole come potrebbe apparire. Esistere vuol dire aver consapevolezza di sé e di ciò che ci sta attorno e, molto spesso, questo non ci procura benessere ma solo dolore e sofferenza. Esistere non ha senso, non ha motivo, o meglio, bisognerebbe trovare dentro ognuno di noi la motivazione per cui valga la pensa di esistere, per cui si possa avere ragione di vivere.


La vita ha un senso, se ci si sforza a dargliene uno.


Penso che La Nausea, nonostante sia un libro pubblicato nel 1938, sia più che mai attuale in una società in cui siamo sopraffatti dalle inquietudini e troppo spesso dal male di vivere. Essere consapevoli si se stessi richiede degli sforzi e, soprattutto, richiede la capacità di indirizzare la propria vita verso obiettivi precisi, dandole un senso vero.

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