Il buio oltre la siepe
Harper Lee, Il buio oltre la siepe, Feltrinelli, pp. 352.
Prima edizione: 1960 in America, 1963 in Italia.
“L’unica cosa che non è sottoposta alla legge della maggioranza è la coscienza di un uomo”
In un sonnolento paese del profondo Sud degli Stati Uniti
l’avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d’ufficio di un
afroamericano accusato di aver stuprato una ragazza bianca. Riuscirà a
dimostrarne l’innocenza, ma il diffuso, duro pregiudizio razzista della
cittadina renderà vano il suo impegno. Questo, in poche righe, l’episodio
centrale di un romanzo che da quando è stato pubblicato, oltre cinquant’anni
fa, non ha più smesso di appassionare non soltanto i lettori degli Stati Uniti,
ma quelli di tutti i paesi del mondo. Quale il segreto della forza di questo
libro? La sua voce narrante, che è quella della piccola Scout, la figlia di
Atticus, una Huckleberry Finn in salopette che ci racconta la storia di Maycomb
in Alabama, della propria famiglia, delle pettegole signore della buona società
che vorrebbero farla diventare una di loro, di bianchi e neri per lei tutti
uguali, e della battaglia paterna per salvare la vita di un innocente.
Il buio oltre la siepe è un libro più che mai attuale. Pur essendo stato scritto oltre 60 anni fa parla di una realtà che, purtroppo, viviamo quotidianamente, quella di una società piena di pregiudizi, di razzismo, di prevaricazione. Il tutto viene raccontato attraverso gli occhi di una bambina e, ancora una volta, saranno i bambini a trasmetterci un insegnamento e un messaggio fondamentali: non esistono differenze, che un essere umano è un essere umano sempre indipendentemente dal suo colore di pelle, dal suo modo di vivere e dalle sue particolarità.
Un libro che oggi appare essere più che mai necessario, un
testo da far leggere nelle scuole, a mio avviso, che potrebbe insegnare a tutti
noi la tolleranza e l'accettazione dell'altro, di chi, ai nostri occhi, troppo
spesso appare diverso, solo perché è stato un po' meno fortunato di noi.
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