La notte si avvicina
Loredana Lipperini, La notte si avvicina, Bompiani, 2020, pp. 352, € 18,00.
Libro finalista al Premio Strega 2021
Italia, 2008. L’anno della grande crisi economica e del più spietato disinteresse verso il mondo. Un paese ai piedi delle montagne, già segnato dal terremoto, circondato da militari, popolato da persone incerte, impaurite, rabbiose. E prigioniere. Un’epidemia, una nuova peste che dilaga e non perdona. Le streghe, come le epidemie, attraversano la storia, e in questa, di storia, ce ne sono tante: le mamme feroci che strappano a Maria i suoi figli, condannandola a una vita di solitudine; Chiara, smarrita nel suo mondo disseminato di presagi, sogni, visioni di fruste e angeli punitivi; Saretta, settant'anni, forte e vasta come una Grande Madre, con le sue complicità d’ombra e il dominio assoluto su Vallescura, il paese “noioso e grasso e poco ospitale” che sembra respingere i nuovi arrivati come un magnete e come un magnete attira a sé il male. Stella stellina / la notte si avvicina: parole consolatorie, parole micidiali. Un gotico italiano che ci parla dell’oggi evocando forze e misteri che arrivano dal passato, una filastrocca nera in cui l’ignoranza diventa ferocia, il peccato s’incarna nella malattia, e nessuno in fondo è innocente, nessuno può dormire in pace.
La notte si avvicina è, innanzitutto, una storia di donne. Donne diverse ma ugualmente forti, ognuna a suo modo.
È un libro estremamente attuale, nonostante, come spiega la scrittrice stessa, la sua origine risale al 2016. Racconta di un'epidemia che colpisce un piccolo paese costringendo gli abitanti a rimanere isolati. Sì, sembra il racconto dei nostri giorni di lockdown, l'anno scorso. Ma il racconto dell'epidemia, della peste nello specifico, rappresenta una sorta di metafora perché la peste è come se fosse dentro ognuno di noi e ogni volta che facciamo del male agli altri la attiviamo e la diffondiamo.
La minaccia, adesso, è dentro di loro. Per questo sono prigionieri.
Le epidemie portano fuori quel che siamo davvero.
La peste rappresenta la "malattia" da cui è affetta Vallescura, il luogo dove tutto avviene. Un paese chiuso nei suoi pregiudizi e nelle sue credenze, che guarda a chi viene da fuori con sospetto e che non avrà nessun dubbio ad additare la cosiddetta "straniera" come colei che ha diffuso la malattia e che ha condannato un paese all'estinzione. Non riuscendo, invece, a comprendere che sono loro stessi a essersi condannati, seguendo, quasi pedissequamente, ciò che Saretta, la donna che tiene in pugno l'intera comunità, dice e proclama.
Saretta crede che chiunque venga da fuori sia portatore di sventure. Lo pensa anche di Maria, una giovane donna fuggita dalla città e soprattutto dai suoi problemi per andarsi a rifugiare in un posto dove credeva di poter trovare un po' di serenità e dove, invece, ha trovato solo isolamento ed estromissione.
Ciò che colpisce il paese è una malattia che ognuno di loro si porta dietro da sempre: il pregiudizio, il non volersi aprirsi agli altri, credere che rimanendo chiusi all'interno della propria comunità si possa essere salvi da tutti i mali, non capendo che proprio quello è il male peggiore. È l'ignoranza che diventa cattiveria. Ciò che non conosciamo ci fa sempre paura, ma ostinandoci a non voler conoscere e capire richiamo di rimanere vittime di noi stessi.
Quando un paese si ammala e muore, resta, sedimentando come una nuvola di fumo, la rabbia verso chi si ritiene responsabile di quanto è avvenuto. Ogni pestilenza esige un solo colpevole, un untore, un contagiato venuto a morire da lontano.
C'è sempre bisogno di colpevoli, perché colpevole è una parola che ha un significato, tiene ancorati alla realtà, e nelle epidemie la realtà viene sbriciolata e si disperde in pulviscoli.
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