Le Affinità Elettive

Le Affinità Elettive

Il primo libro di cui vorrei parlarvi è Le Affinità elettive di Goethe.
L'ho letto per la prima volta per un esame universitario e l'ho trovato semplicemente straordinario.
Per ogni libro mi piacerebbe potervi raccontare un po' la storia, qualche accenno sull'autore, qualche citazione (da sfoggiare al momento giusto!) e, quando sarà possibile, anche qualche riferimento bibliografico o relazione con altri libri.
In libreria si trovano numerose edizioni in versione tascabile e a poco prezzo. Di seguito posto qualche link per poterlo acquistare anche online.

http://www.ibs.it/code/9788806186906/goethe-j--wolfgang/affinita-elettive.html

http://www.lafeltrinelli.it/fcom/it/home/pages/catalogo/searchresults.html?prkw=affinit%C3%A0+elettive&x=-841&y=-143&cat1=&prm=




Il Libro. Le affinità elettive è il quarto romanzo di Johann Wolfgang von Goethe, pubblicato nel 1809. Il titolo deriva dall'affinità chimica, proprietà degli elementi chimici che descrive la tendenza di alcuni di essi a legarsi con alcune sostanze a scapito di altre.

Il romanzo racconta la vita di una coppia sposata che, trovandosi a convivere con un amico di lui e con la nipote di lei, va incontro al disfacimento della propria relazione e alla formazione di due nuove coppie, che in brevissimo tempo si divideranno per colpa di una serie di eventi avversi, che faranno terminare la storia in modo tragico.


L'autore. JohannWolfgang von Goethe si definì un "beniamino degli dei". Vissuto tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell'Ottocento, Goethe è considerato il più grande scrittore di lingua tedesca e uno dei massimi poeti europei. La ricchezza della sua ispirazione, la vastità degli interessi artistici e scientifici, l'impegno nella vita culturale politica del suo tempo, gli hanno garantito una fama immediata quanto duratura.



La critica. Per quanto riguarda la critica, vorrei indicare un ottimo saggio di Walter Benjamin che intreccia filosofia e letteratura e di cui inserisco un breve passo:

Walter BenjaminLe affinità elettive, in Angelus Novus, Torino, Einaudi, 1995, pp. 161-243.

"Le Affinità elettive sono state concepite in origine come novella. Solo la perfetta maestria di Goethe ha potuto impedire che l'innata tendenza novellistica spezzasse la forma del romanzo. L'efficace espediente artistico che ha potuto ottenere questo risultato consiste nella rinuncia, da parte del poeta, a richiamare la partecipazione del lettore sul centro della vicenda. Il romanzo attira irresistibilmente il lettore nel proprio interno, la novella tende al distacco, respinge dal proprio circolo magico ogni essere vivente. In ciò le Affinità elettive sono rimaste novellistiche. Nelle Affinità elettive lo stile artistico è dominato dal fatto che sentiamo ovunque la presenza del narratore. Vi manca il realismo artistico formale che conferisce autonomia agli eventi e ai personaggi. Le dichiarazioni di Goethe su quest'opera sono condizionate dallo sforzo di venire incontro ai giudizi contemporanei. Il contenuto mitico dell'opera era presente, se non comprensione, almeno al sentimento dei contemporanei di Goethe. Il contenuto morale di quest'opera giace in strati molto profondi che non lascino supporre le parole di Goethe. Qualunque sia l'interpretazione morale che si può dare di quest'opera, non esiste una fabula docet.
Voler ricavare la comprensione delle Affinità elettive dalle parole stesse del poeta in proposito, è fatica sprecata. Poiché esse hanno precisamente il compito di sbarrare l'accesso alla critica. Ma la ragione ultima di questo non è il bisogno di difendersi dalle critiche sciocche, quanto piuttosto lo sforzo di lasciare inosservato tutto ciò che confuta le spiegazioni dell'autore. Ciò che il poeta possiede consapevolmente come tecnica, ciò che, in linea di principio, anche i critici contemporanei possono riconoscere come tale tocca gli elementi reali del contenuto, ma segna anche il confine verso il loro contenuto di verità, che non può essere pienamente consapevole né al poeta né alla critica dei suoi tempi. Goethe insiste sulla tesi che nell'opera c'è di più «di quanto chiunque possa scoprirvi a una sola lettura». Ma più eloquente di ogni cosa è la distruzione degli abbozzi. Poiché difficilmente è un caso che non ne sia rimasto nemmeno un frammento. È chiaro invece che il poeta ha distrutto di proposito tutto ciò che avrebbe rivelato la tecnica puramente costruttiva dell'opera. - Se la presenza dei contenuti reali è celata con questi mezzi, la loro essenza si nasconde da sé. Ogni significato mitico cerca il segreto. Il rifiuto di ogni critica e l'idolatria della natura sono le forme mitiche di vita nell'esistenza di Goethe. Inoltre tutta la sua vita è accompagnata dall'idea del demonico. L'umanità mitica paga con l'angoscia il contatto con le forze demoniche. Questa angoscia ha parlato spesso inequivocabilmente in Goethe. L'angoscia della morte, che include tutte le altre, è la più evidente. La ripugnanza del poeta per la morte e per tutto ciò che la indica, ha tutte le caratteristiche di un'estrema superstizione. È noto che alla sua presenza nessuno poteva parlare di decessi; meno noto che non volle mai avvicinarsi al letto di morte di sua moglie. Le sue lettere testimoniano del medesimo atteggiamento di fronte alla morte di suo figlio. La segreta inquietudine si rivela ancora più chiaramente in ciò che egli dice a proposito della sopravvivenza dell'anima. Nel concetto goethiano essa non è il ritorno dell'anima alla sua patria, ma una fuga dall'interminato nell'interminato. 
Nessun sentimento è più ricco di varianti dell'angoscia. E cosi all'angoscia della morte si accompagna quella della vita. L'angoscia di fronte alle responsabilità è la più spirituale fra tutte quelle a cui Goethe era soggetto per la sua natura. Essa è un motivo dell'atteggiamento conservatore che ebbe verso la politica, verso la società e verso la letteratura. Essa è la radice dell'omissione nella sua vita erotica. È certo che essa ha determinato anche la sua interpretazione delle Affinità elettive per cui il tragico esiste solo nella vita del personaggio drammatico, cioè della persona che si rappresenta; mai in quella dell'uomo. E meno che mai in quella quietistica di Goethe, dove mancano quasi del tutto momenti di rappresentazione."


Citazioni

  • Un uomo che si vanta di non cambiare mai opinione è uno che si impegna a camminare sempre in linea retta, un cretino che crede all'infallibilità. In realtà, non esistono principi, ci sono soltanto avvenimenti; non esistono leggi, ci sono soltanto circostanze: l'uomo superiore sposa gli avvenimenti e le circostanze per guidarli.
  • Una parola schietta è terribile, quando d'improvviso rivela ciò che il cuore da tanto si permette.
  • Per fortuna, l'essere umano riesce a concepire solo un determinato grado di sventura; quel che va oltre lo distrugge o lo lascia indifferente. Ci sono situazioni in cui paura e speranza si fondono, si elidono vicendevolmente e sfumano in una cupa insensibilità. Come potremmo altrimenti sapere i nostri cari lontani in costante pericolo eppure tirare avanti ugualmente con la nostra solita vita quotidiana?
  • Qualunque idea ci si faccia di se stessi, ci si figura sempre vedenti. Io credo che l'essere umano sogni solo per non smettere di vedere. E potrebbe anche darsi che la luce interiore fuoriesca un giorno da noi così da non averne bisogno d'altra.
  • Nella lontananza dell'oggetto amato ci sembra di diventare tanto più padroni di noi stessi, quanto più forte è il nostro amore, perché costringiamo interiormente tutta la forza della passione che si espandeva verso l'esterno; ma quanto rapidamente siam subito strappati da questo errore, quando colui al quale credevamo ormai di avere rinunciato, all'improvviso ci sta innanzi di nuovo, indispensabile.


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