Miti Greci: Achille



Ricordo che alle scuole medie mi avevano "imposto" di leggere un libro dal titolo "I miti greci dell'amore", in un primo momento l'ho odiato, forse perché troppo piccola e quindi non ero in grado di capirne e apprezzarne le potenzialità e gli insegnamenti che poteva darmi.
Qualche anno dopo mi ricapitò tra le mani e lo rilessi: rimasi affascinata da quelle meravigliose storie, vere o inventate che fossero, capii un sacco di cose e la passione per i miti mi rimase.
Per questo ho deciso di avviare una sorta di rubrica in questo blog dove raccontare i miti più significativi e affascinanti. Naturalmente sono aperta a suggerimenti e critiche come sempre J

Il primo da cui voglio partire è Achille. Quante volte abbiamo sentito parlare del "tallone di Achille", indicando, con questa espressione, un punto debole di una persona o di un qualcosa? Ma tutti sappiamo da cosa deriva questa espressione ? Ecco questa storia ce lo spiega. Buona lettura!


Achille: figlio di Peleo, re tessalo, e della nereide Tetide, ebbe origine doppiamente divina, poiché Peleo era figlio di Eaco, figlio a sua volta di Giove, e Tetide era figlia del dio marino Nereo.

La madre, per rendere il figlio immortale, lo ungeva d'ambrosia durante il giorno e lo ricopriva di braci durante la notte, ma disturbata in questa operazione da Peleo, fuggì portando con sé il bambino. Lo immerse poi nelle acque dello Stige, che gli indurirono talmente la pelle da renderlo invulnerabile fuorché nel tallone, per il quale la madre lo teneva durante l'immersione. Per l'educazione fu affidato alle cure del centauro Chirone e a Fenice, figlio di Amintore, re dei Dolopi. Alla scuola di così valenti maestri crebbe forte e vigoroso d'animo e di corpo e compì memorabili gesta fin da ragazzo, esercitandosi soprattutto nella caccia contro le fiere. Su lui, però, gravava un singolare destino, che gli lasciava la scelta fra una vita lunga ma oscura e una vita breve ma gloriosa; ed egli scelse senza esitazione la seconda alternativa. Quando, nell'imminenza della guerra di Troia, l'indovino Calcante vaticinò che, se egli avesse partecipato alla spedizione, sarebbe morto, Tetide, cercando vanamente di sottrarlo al suo destino, lo trafugò alla corte di Licomede, re di Sciro, dov'egli, con abiti femminili, trascorreva la vita nell'ozio insieme con le figlie del re, di una delle quali, Deidamia, si innamorò, avendone poi il figlio Neottolemo (chiamato anche Pirro). Ma avendo lo stesso Calcante profetato che Troia non si sarebbe potuta espugnare senza il concorso di Achille, Ulisse si assunse il compito di scovare il giovane valoroso e indurlo alla guerra e si recò, travestito da mercante, alla corte di Licomede, portando con sé molti gioielli, fra i quali aveva astutamente nascosto anche delle armi. Accadde così che mentre le figlie del re guardavano ammirate i gioielli, Achille impugnasse subito le armi. Riconosciuto si lasciò persuadere a seguire Ulisse e a partire con gli altri eroi greci alla volta di Troia. Nella lunga guerra compì imprese memorande per audacia e coraggio, rivelandosi sempre come il più forte dei Greci. Al decimo anno, venuto a contesa con Agamennone, capo della spedizione, questi gli fece sottrarre Briseide, la sua schiava preferita. Adirato per l'affronto subito, si ritirò sotto la tenda, rifiutandosi ostinatamente di combattere e non lasciandosi commuovere dai rovesci toccati ai Greci durante la sua assenza dal campo di battaglia. Dallo sdegnoso isolamento uscì solo per vendicare Patroclo, l'amico prediletto, che, vestito delle sue armi, aveva osato affrontare Ettore ed era stato da lui ucciso e spogliato. Ucciso a sua volta l'eroe troiano in un memorabile duello, fece strazio del cadavere, che trascinò attaccato al cocchio intorno alle mura di Troia, seminando terrore e sgomento negli atterriti nemici. Impietosito alla fine dalle lacrime del vecchio re Priamo, gli restituì il cadavere del figlio, al quale furono tributati solenni funerali.
Innamoratosi, poi, di Polissena, figlia di Priamo, la chiese in moglie, ma a Timbra, proprio nel giorno in cui avrebbero dovuto celebrarsi le nozze, Paride scagliò a tradimento contro di lui una freccia, che, guidata da Apollo, lo colpì nel tallone, l'unica sua parte vulnerabile, e l'uccise. Il suo corpo fu recuperato da Aiace, figlio di Talamone, e venne pianto per diciassette giorni. Il diciottesimo giorno fu cremato e le sue ceneri poste in un'urna d'oro fabbricata da Efesto; una tomba innalzata sulla riva del mare coprì i suoi resti, riuniti a quelli di Patroclo. L'ombra di Achille si levò dalla tomba per esigere il sacrificio di Polissena, come condizione alla partenza dei Greci. Polissena gli fu così sacrificata sulla tomba dal figlio Neottolemo per placarne l'ombra. I Greci venerarono il loro eroe come un dio e gli eressero un tempio sul promontorio Sigeo.


Enciclopedia dei ragazzi (2005)
di Massimo Di Marco

Achille
Il più celebre tra gli eroi

Figlio del mortale Peleo da qui il suo soprannome 'Pelìde' e della dea marina Tetide, Achille è l'eroe chiave dell'Iliade, ove guida l'esercito dei Mirmidoni, popolo della Tessaglia. Guerriero invincibile, vulnerabile solo nel tallone, è tanto feroce nel combattimento quanto capace di sentimenti di profonda umanità.

Un destino segnato dalla nascita
Secondo la versione più nota della mitologia greca, appena nato Achille viene immerso nell'acqua del fiume infernale Stige tenuto per il tallone da sua madre Tetide, divenendo così invulnerabile dappertutto tranne che in quella parte del corpo. Secondo un'altra versione del mito, invece, Achille è mortale perché suo padre interrompe l'operazione magica di Tetide che tentava di renderlo immortale immergendolo nel fuoco. La sua educazione è affidata al saggio Fenice o, secondo altri, al centauro Chirone: presso di lui, sul monte Pelio, Achille si addestra alla caccia e al combattimento, impara a coltivare il rispetto per gli dei e i genitori, si istruisce nella musica e nella medicina. Tetide, sapendo che se Achille si fosse recato a Troia vi avrebbe trovato la morte, lo nasconde a Sciro, tra le figlie del re Licomede. Ma Ulisse, appresa la sua presenza sull'isola, porta in dono alle figlie di Licomede ricche vesti, tra le quali cela anche uno scudo e una lancia, e, mentre le fanciulle ammirano le vesti, fa risuonare la tromba di guerra: immediatamente Achille balza allo scoperto e afferra le armi, facendosi così riconoscere. Prima di partire per Troia, Achille lascia a Sciro Deidamia, una delle figlie del re, che aspetta da lui un bambino: il futuro Pirro o Neottolemo.

Il terrore dei troiani
Achille sa che è destinato a vita breve, ma affronta la battaglia con assoluto disprezzo del pericolo.
Dal caratteristico epiteto di 'piè veloce', è l'eroe principale dell'Iliade, il più valoroso dei Greci, tanto che il solo apparire delle sue armi porta alla fuga i Troiani. Ma dopo una lite con Agamennone, che gli ha sottratto la schiava Briseide, si ritira nella sua tenda e si astiene dal combattimento, permettendo ai Troiani di prevalere. Ogni tentativo di riconciliazione si rivela vano. Solo quando i Troiani giungono presso le navi greche e stanno per bruciarle, cede alla richiesta dell'amico Patroclo di prestargli le armi per poter ricacciare indietro i nemici. Patroclo mette in fuga i Troiani, ma poi, inebriato dal successo, si spinge troppo oltre e cade vittima di Ettore. La morte dell'amico suscita in Achille pianto e disperazione, ma anche un forte desiderio di vendetta. Cessata l'ira, egli accetta la restituzione di Briseide insieme ai ricchi doni che Agamennone gli offre, e torna in battaglia con le nuove armi che Efesto gli ha forgiato. Ettore lo affronta con coraggio, ma viene ucciso e il suo cadavere trascinato senza pietà attorno alle mura di Troia. Pur così feroce e determinato, Achille mostra tuttavia rispetto e compassione per Priamo, padre di Ettore e re di Troia, quando questi si reca da lui di notte, vecchio e senza scorta, per offrirgli il riscatto per il corpo di suo figlio. Nel dolore dell'anziano genitore Achille vede prefigurato il destino di sofferenza e di solitudine che attende il vecchio Peleo quando egli sarà morto; si commuove e restituisce a Priamo il cadavere di Ettore perché possa ricevere sepoltura.

La figura di Achille fuori dell'Iliade
Nell'Odissea l'ombra di Achille appare a Ulisse nell'Ade. Nulla più resta in lui degli ideali eroici: "Preferirei essere l'umile servo di un padrone povero e diseredato è la sua dolente confessione piuttosto che regnare su tutti i morti". Achille è anche al centro di altri episodi del mito collegati con gli eventi di Troia ma non narrati da Omero. Tra gli altri, l'uccisione di Pentesilea, regina delle Amazzoni, la bellezza del cui cadavere induce l'eroe al pianto, e il sacrificio sulla sua tomba di Polissena, giovane figlia di Priamo, richiesto dall'ombra dell'eroe come condizione per il ritorno dei Greci in patria al termine della guerra. In età successiva a Omero i poeti immaginarono per Achille una sorte privilegiata nell'aldilà: presso l'Isola dei Beati o nell'Elisio. A lui era dedicato un culto eroico nell'isola di Leuke, presso la foce del Danubio.



Enciclopedia Dantesca (1970)
di Giorgio Padoan

Achille. - Figlio di Peleo e della dea marina Teti, nacque a Ftia, in Tessaglia; la madre lo immerse nello Stige rendendolo invulnerabile, tranne che nel tallone per il quale ella lo teneva, rimasto perciò fuori dall'acqua. Teti tuttavia sapeva che al figlio sarebbe comunque toccata in sorte o una morte gloriosa sui campi di battaglia in età giovane o una vita lunga ma oscura; e quando scoppiò la guerra di Troia, per salvarlo dalla sicura morte, lo sottrasse al centauro Chirone, cui era stata affidata l'educazione di A., nascondendolo, sotto abiti femminili, tra le figlie di Licomede, re di Sciro: dove A. si innamorò di una delle giovinette, Deidamia, avendone un figlio, Pirro (altrimenti detto Neottolemo).
Il travestimento fu però reso vano da Ulisse, inviato con Diomede dai Greci alla ricerca dell'eroe: tra i monili portati in dono alle figlie di Licomede l'astuto Ulisse mise, come per dimenticanza, una spada, che attrasse l'attenzione curiosa del giovinetto, scoprendolo. L'eloquenza di Ulisse convinse A. ad accorrere nel campo greco; e sotto le mura di Troia l'eroe seminò strage tra i nemici, dimostrandosi di gran lunga il più strenuo guerriero greco, cui solo il troiano Ettore poteva ambire di opporsi. L'Iliade di Omero narra lo sdegno che colse A. spingendolo a ritirarsi dai combattimenti, quando Agamennone gli tolse la schiava Briseide; e solo la morte dell'amico Patroclo per mano di Ettore sciolse da quel proponimento l'eroe, che vendicò Patroclo uccidendo, dopo un lungo duello, Ettore il cui cadavere strascinò intorno alle mura di Troia. L'ira di A. si piegò tuttavia a pietà dinanzi al dolore di Priamo, cui restituì il misero corpo del figlio per la sepoltura. Innamoratosi di Polissena, figlia di Priamo, A., credendo di recarsi a un appuntamento d'amore, si lasciò attrarre in un agguato, e Paride gli scoccò la freccia fatale nel tallone (secondo Ovidio [Met. XII 597-606] la morte di A. sarebbe invece avvenuta sul campo di battaglia, sempre per mano di Paride). Sorse quindi disputa tra i capi greci per l'eredità delle sue famose armi, che vennero infine aggiudicate a Ulisse. Dopo la presa di Troia Polissena gli fu sacrificata sulla tomba.
D. potè averne ampie notizie da molti testi latini; soprattutto ebbe presenti l'Achilleide di Stazio (ove sono narrate diffusamente l'infanzia di A., la permanenza a Sciro, la partenza per Troia), perciò esplicitamente menzionata in Pg XXI 92, e le Metamorfosi di Ovidio (di qui potè apprendere vari particolari, sull'agguato di Paride [XII 584-611], sulla disputa per le armi [XIII 1 ss.], sul sacrificio di Polissena [XIII 439-480]). Il primo cenno all'eroe si trova nel Convivio, dove se ne dichiara la genealogia : [E]aco... fu padre di Telamon e di Foco, del quale Telamon nacque Aiace e Peleus e Achilles (IV XXVII 20); il passo è sembrato corrotto agli editori Milanesi, al Parodi, al Pellegrini e al Vandelli, che l'hanno così restaurato : Eaco... fu padre di Telamon, [di Peleus] e di Foco, del quale Telamon nacque Aiace, e di Peleus Achilles (cfr. infatti Met. VII 476-477); mantiene invece la lezione dei codici l'edizione Simonelli, sostenendo l'errore d'autore con la difficoltà che D. avrebbe incontrata nel ricordare precisamente l'albero genealogico di A.: che non è ipotesi da scartare (cfr. Met. XIII 31, dove Aiace si proclama fratello di A.: e vedi la proposta di G. Martellotti, Due noterelle su D. lettore dei classici, in " Giorn. stor. " CXLIV [1967] 481-486), per quanto sia arduo ammettere che il poeta, all'altezza del libro IV del Convivio, potesse cadere in confusione sul nome del padre di A., ripetutamente ricordato come Pelide nell'Eneide (II 548, V 808, XII 350), nelle Metamorfosi (XII 605, 619), ecc.; tanto più che gli amori di Peleo e di Teti sono narrati diffusamente da Ovidio (Met. XI 217-265), e le loro nozze, per le gravi conseguenze del mancato invito alla dea della Discordia, sono frequentemente citate dai mitografi medievali. A chi scrive pare che il guasto derivi probabilmente da un salto du même au même, causato dal ripetersi del nome Peleus ', cui il copista ha posto rimedio trascrivendo a margine le parole omesse ( e di Foco del quale Telamon nacque Aiace e '), successivamente reinserite nel testo con lieve spostamento.
Nel poema dantesco il grande Achille, / che con amore al fine combatteo, è tra i lussuriosi del secondo cerchio infernale (If V 65; per l'aggettivo grande, anche in Pg XXI 92, da intendersi nell'accezione di " valoroso ", " eroico ", cfr. Ach. I 19 e passim); fonte, diretta o di lì mediata da altro chiosatore di testi latini, della notizia della morte di A. in relazione all'amore per Polissena è Servio (ad Aen. III 321; è assai dubbio che D. conoscesse la Ephemeris belli Troiani attribuita a Ditti Cretese e la Historia de excidio Troiae di Darete Frigio), mentre alla lussuria dell'eroe, prendendo spunto dal suo incapricciamento per Briseide, accenna ripetutamente Ovidio (Ars am. II 711-714; Rem. am. 777; Her. III), da cui prende le mosse una ricca tradizione lungo tutto il Medioevo (cfr. " Bull. " VIII [1900] 254). Dall'Achilleide sono puntualmente riprese le notizie sull'educazione impartitagli da Chiròn (il qual nodrì Achille, If XII 71; cfr. Ach. I 104-277, e anche Ars am. I 11-17), sul suo trasporto all'isola di Schiro (cioè Sciro) ad opera della madre (Pg IX 34-39; cfr. Ach. I 247-250), sull'abbandono di Deidamia per recarsi a combattere Troia (If XXVI 62, e v. Pg IX 39; cfr. Ach. II 1-85, e anche Ars am. 1689-704). Un cenno particolare merita If XXXI 4-6, dove si ricorda che solea... la lancia / d'Achille e del suo padre esser cagione / prima di trista e poi di buona mancia, in quanto con un secondo colpo risanava le ferite che essa stessa aveva inferto. Si tratta di una notizia che i poeti latini classici ricordano fuggevolmente (cfr. Met. XII 112, XIII 171-172); il Toynbee rinvia in particolare a Rem. am. 47-48 (che sarebbe stato però interpretato da D. erroneamente). Ma i poteri portentosi della lancia di Peleo sono citati ripetutamente da autori dei secoli XIII e XIV, sì da divenire anzi un motivo topico della poesia amorosa.
Bibl. - Sulla fortuna del mito della lancia di Peleo nelle lingue romanze, v. P. Toynbee, Ricerche e note dantesche. Serie seconda, Bologna 1904, 53-57; M. De Riquer, La lanza de Pellés, in " Romance Philology " IX (1955) 187-196; A. Pézard, Manche et mancia, in Studi in onore di A. Monteverdi, Modena 1959, II 571. Sull'abbandono di Deidamia per consiglio fraudolento di Ulisse: G. Padoan, Ulisse " fandi fictor ", in " Studi d. " XXXVII (1960) 26-29.



ACHILLE

Enciclopedia Italiana (1929)
di Giorgio Pasquali

ACHILLE ('ΑχιλλεςAchilles). - Figlio di Peleo e della nereide Tetide, re dei Tessali Mirmidoni, l'eroe principale dell'Iliade, costringe nell'assemblea degli Achei, accampati intorno a Troia, il capo supremo dell'impresa, Agamennone, a rendere al sacerdote di Apollo, Crise, la figliola Criseide, che gli era toccata quale parte privilegiata del bottino, facendo così cessare una peste che il dio aveva suscitato nel campo dei Greci per punire l'offesa. E, poiché Agamennone si vendica di lui togliendogli a sua volta la schiava Briseide, si ritira dal combattimento e ottiene da Zeus, per le preci della madre Tetide, che il dio conceda vittoria ai Troiani, finch'egli non abbia soddisfazione. Respinge, secondo la nostra Iliade, un'ambasceria dei più prodi Achei, che lo prega di desistere dal suo divisamento e gli offre, a nome di Agamennone, soddisfazione. Né acconsente a combattere, quando i Troiani giungono alle navi degli Achei e tentano di metterle a fuoco, ma solo permette al suo fido, Patroclo, di vestirsi della sua armatura e di guidare i Mirmidoni al combattimento. Patroclo, respinti i Troiani nelle mura di Troia, cade per mano dell'eroe troiano, Ettore. D'allora in poi il solo pensiero di Achille è la vendetta dell'amico ucciso; solo a questo fine egli si riconcilia con Agamennone, che gli rende Briseide non tocca e aggiunge doni. Uccide Ettore, inseguito tre volte sotto gli occhi dei suoi genitori intorno alle mura di Troia; poi trascina la salma, legata al carro, al campo acheo, e apparecchia a Patroclo un grande rogo, presso il quale scanna dodici giovani troiani. Il prossimo giorno egli trascina di nuovo tre volte il cadavere di Ettore intorno al tumulo di Patroclo. Ma non sa ricusare quella salma al padre Priamo, che gli offre riscatto, non già per avidità di questo ma per compassione, appena il vecchio gli bacia la mano e gli ricorda il padre Peleo. Con il funerale di Ettore finisce la nostra Iliade.
Nella quale, del resto, il carattere di Achille non è tratteggiato in modo del tutto conseguente. Mentre nel nucleo principale egli opera per giusto orgoglio, immeritatamente offeso da tale che dimentica di essere il primo tra pari e lo tratta quasi da inferiore, l'ambasceria lo presenta pieno di sé, duro, quasi spietato; l'ultimo canto dipinge un Achille accessibile a sentimenti più miti e, si direbbe, più moderni, compassionevole, facile a commoversi. Neppure l'analisi del carattere dell'eroe principale è, nell'Iliade, favorevole agli unitarî. Ma in tutte le diverse parti egli ha fortissimo il sentimento dell'amicizia, o meglio del dovere della vendetta dell'amico caduto. E ancor più evidente e più una è un'altra sua caratteristica: egli sa di dover morire in guerra, per aver vendicato il suo amico, ma non tralascia per ciò l'adempimento di questo ch'egli ritiene un suo obbligo di onore. Quanto fondamentale sia questa nota dell'Achille omerico, sapeva già il Socrate platonico.
Tutta l'Iliade è come aduggiata dal presentimento della prossima morte dell'eroe. Fin dal principio Tetide sa che Achille è di breve vita, e non glielo tiene nascosto. Quand'egli, subito dopo la morte di Patroclo, espone alla madre il proposito di vendicarla su Ettore, questa gli rivela ch'egli cadrà appunto subito dopo Ettore. Né egli rinunzia per questo al suo divisamento. Anzi, in una forma precedente del poema, essa deve (XXI, 277) avergli annunziato che cadrà per le saette di Apollo: di Apollo e di Paride presso la porta Scea, gli profeta Ettore morente (XXII, 359). E le nubi sul capo di Achille si addensano sempre più verso la fine del poema. Par chiaro che la scena con Priamo è aggiunta di età più moderna e più umana, la quale ha cacciato di luogo la fine della più antica Iliade, la morte di Achille durante un assalto a Troia, subito dopo la morte di Ettore. Rimane dubbio se in questa Iliade Paride avesse parte nella morte di Achille, o se il dio agisse da solo.
Quanto, di ciò che l'Iliade narra e sa di Achille, risalga a schietta leggenda popolare, quanto sia invenzione di poeti, è difficile determinare. Il nome è un vero nome mitico, non facile a etimologizzare, forse non greco o meglio non indoeuropeo, il che testimonia sempre origini remote. Il suo regno o il regno di suo padre è Ftia in Tessaglia. Egli ha votato le sue chiome al fiume patrio, allo Spercheo, e innalza la preghiera al Giove pelasgo di Dodona; la sua lancia è di legno del Pelio. Dunque il poeta conosce canti su Achille tessalo e sulle sue imprese tessale. E in queste imprese egli deve essersi acquistato quell'epiteto di "piè-veloce" che l'Iliade non giustifica. Ma com'egli fosse raffigurato in tali canti, non si può determinare: è solo probabile che già nella leggenda tessalica egli fosse predestinato a morte prematura, poiché tale è la sorte dei frutti dell'amore di una dea e di un mortale (il figlio, Neottolemo, si rivela già nel nome figura tarda). È probabile che già in Tessaglia egli avesse a fare con un Cicno (Κχνος), se il Cicno, ch'egli secondo tradizioni posteriori uccise appena toccata la Troade, è originariamente identico con il Cicno tessalo ucciso da Eracle. Coloni tessali hanno portato il loro eroe Achille (loro, anche se porta il nome di un eroe o di una divinità della popolazione preellenica assoggettata) a Lesbo, che è eolica come la Tessaglia; e di là egli è penetrato nei leggendarî combattimenti per Troia. Ma il carattere di Achille nell'Iliade è creazione di pura poesia.
Epici posteriori hanno integrato gli accenni dell'Iliade alla morte di Achille, proseguendo l'azione del poema, divenuto subito classico già in tempi remotissimi, ma inserendo episodî nuovi, più fantastici, più romantici tra la morte di Ettore e quella di Achille. Secondo l'Aethiopis (Αἰϑιοπς) il giorno del funerale di Ettore giungono a Troia le Amazzoni, la cui regina Pentesilea cade per mano di Achille (l'episodio è rappresentato in pitture vascolari già del sec. VI); il quale è preso di amore per la morta o per la morente (anche questo innamoramento è rappresentato in opere d'arte dal V secolo in poi), rende la salma ai Troiani e uccide Tersite, che lo deride per questo amore. Subito dopo la morte di Pentesilea giunge a Troia l'Etiope Memnone, il figlio dell'Aurora. Anch'egli è ucciso da Achille, che vendica, come nell'Iliade Patroclo su Ettore, qui su Memnone un altro amico, Antiloco e, come dopo aver vendicato Patroclo, ricaccia i Troiani sino alle mura; anzi penetra nella porta Scea, quando Paride, incoraggiato e diretto da Apollo, dirige l'arco su lui e lo uccide.
Tutte queste narrazioni sono di tal natura e informate a tale spirito che il loro carattere secondario rispetto a ciò che nell'Iliade è narrato o supposto, è evidente; più difficile è giudicare dei racconti, che troviamo in fonti posteriori attribuiti alleCiprie o che a esse si riconducono con sicura congettura, sulle vicende anteriori di Achille. Si può in genere dire che le Ciprie, che formavano molto meno un'unità che ne costituisca una l'Iliade, hanno qui conservato in parte leggende antiche, ma per lo più o sempre in ampliamenti e rifacimenti. Oltre ai racconti accennati sopra, sembra antica e par risalire alle Ciprie la leggenda secondo la quale Tetide tenta di rendere immortale Achille immergendolo nelle fiamme e ne è impedita dall'ignaro Peleo con sdegno della sposa che l'abbandona, sicché egli è costretto a portare il fanciullino, privo delle cure materne, a Chirone. Il motivo, in origine novellistico, e non senza analogie anche in moderne fiabe di fate, è imitato nell'inno omerico (cioè attico) a Demetra; la leggenda è presupposta da posteriori che fingono che Achille fosse vulnerabile solo nel tallone, per il quale la madre lo aveva tenuto, mentre lo immergeva nel fuoco, e che Paride lo uccidesse appunto colpendolo al tallone.
Le Ciprie narravano già che Achille fu fatto credere a Ifigenia suo fidanzato per attirarla ad Aulide, dove era stato deciso di sacrificarla ad Artemide.
Più dubbio è invece se già nelle Ciprie si narrasse che Achille fu portato dalla madre, che voleva sottrarlo alla morte certa, a Sciro e che lì fu nascosto, vestito da donna, tra le figliole del re, da una delle quali, Deidamia, egli generò Neottolemo, finché Ulisse lo rivelò con un'astuzia: i messi degli Achei si presentarono alle figlie del re con merce di ogni genere, ornamenti e oggetti di lavoro femminile, ma anche armi; Achille afferra le armi (la scena in una pittura di Polignoto descritta da Pausania). Un passo dell'Iliade, che parla di un figlio di Achille (di solito egli è pensato celibe, ma qui si vuole evidentemente spianare il terreno a stirpi che avevano interesse a ricongiungersi al maggiore degli eroi), il quale è allevato per lui in Sciro, ha fornito lo spunto a tali immaginazioni. Ma esso contraddice a un altro più antico, secondo il quale Sciro sarebbe stata conquistata e distrutta da Achille. Sicché, se la storia di Deidamia era davvero narrata nelle Ciprie, come parrebbe (fr. 13), bisognerà supporre molto recente quest'episodio di quel poema o piuttosto di quella accozzaglia di canti. Più antichi sembrano gli episodî di Telefo e Troilo, anch'essi contenuti nelle Ciprie.
L'Odissea, che fa incontrare Achille con Odisseo nella visita di questo all'Ade, svisandone completamente il carattere, in forma che si direbbe quasi sarcastica o parodica, lo introduce a manifestare il desiderio d'esser piuttosto un povero mercenario in terra che il re dei morti (il passo non è antico, perché conosce la leggenda di Neottolemo, ma è dubbio se l'Odissea contenga nulla di anteriore p. es. all'Etiopide); lo stesso poema porge in un luogo, per vero recentissimo (vi è nominato Dioniso), la cosiddetta seconda Nekyia, notizia di un tumulo su un promontorio dell'Ellesponto, certo il Sigeo; e sul Sigeo, infatti, i posteriori (p. e. Strabone) conoscono quel tumulo e un villaggio detto Achilleo (le notizie di Filostrato nell'Eroico, sul culto reso a quel tumulo in età imperiale, su apparizioni, ecc., sono menzognere). Quella notizia appare quindi a prima giunta di grande valore, e c'è chi vi ha fondato sopra induzioni storiche arrischiate. In verità, l'esplorazione archeologica del tumulo ritrovato ha mostrato che esso non è stato onorato dai Greci prima del 600 a. C. Il culto eroico di Achille è qui dunque figlio dell'epopea omerica, non un suo presupposto. Del pari il culto del dio Achille Pontarca nelle colonie milesie di quella che è ora la Russia meridionale, sul quale abbiamo da poco documenti nuovi, risale forse poco oltre l'èra cristiana. Esso, come ad altri culti in Laconia e in Occidente ha fornito lo spunto l'epos omerico, è certo originato dalla leggenda che forse era già nell'Etiopide (?) e a ogni modo è già nota a Pindaro, secondo la quale Tetide strappò il figlio morto alle fiamme e lo trasportò nell'isola Leuca, dapprima un'isola mitica, poi identificata con isole alla foce del Danubio o del Dnieper. Ma par probabile che l'eroe omerico si sia poi con l'andar del tempo fuso con un dio locale, signore del Mar Nero (quindi "Achille signore del Ponto", 'Αχιλλες Ποντρχης). Il fiore di questo culto è dal II o III secolo d. C.
Il mito di Achille continuò ad affaccendare anche la fantasia dei poeti. La morte di Patroclo e di Ettore fu trattata da Eschilo in una trilogia (MirmidoniNereidi eFrigi Riscatto di Ettore), imitata in latino da Accio; l'episodio di Sciro da Euripide negli Scirii; per Telefo, Troilo, Fenice v. le voci corrispondenti. Tutto ciò è purtroppo perduto, e Achille non figura nelle tragedie a noi conservate se non nell'Ifigenia in Aulide, il dramma postumo di Euripide. Invenzioni ellenistiche proseguite nell'età imperiale lo mettono già da vivo in relazione con Polissena. Dei Romani, Stazio tratta nell'incompiuta Achilleide la leggenda di Achille a Sciro.



Bibliografia: Materiale letterario-archeologico antico e bibliografia moderna immensi. Per una prima orientazione possono servire: Escher, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., I, col. 221 segg. e Fleischer, in Roscher, Lexikon der griech. u. röm. Mythol., I, col. 11 segg. Più materiale e più storicamente raggruppato offre Robert, Griech. Heldensage, pp. 66 segg., 80 segg., 1025 seguenti, 1101, 1106, 1111 segg., 1119 segg., 1138 segg., 1186 segg., il quale tuttavia sembra aver troppa fiducia in Proclo e quindi ricondur troppo agli antichi poemi epici. Sul carattere puramente poetico, non leggendario, di A. nell'Iliade e d'altra parte sull'A. tessalico, Wilamowitz, Ilias u. Homer, Berlino 1916, p. 335 e specie Berliner Sitzungsber., 1925, p. 239, giusta polemica contro i tentativi di ricostruire un'Iliade preomerica, con Ettore, Andromaca e magari Astianatte nella madrepatria, i quali ora culminano in Bethe, Homer, Lipsia 1927, III, passim.
Sul sepolcro di A. v. per la partearcheologica Winnefeld, in Dörpfeld, Troia und Ilion, II, p. 546; Bethe, Homer, III, p. 74, che qui giudica bene. Sull'incredibilità delle notizie di Filostrato lo stesso Bethe, in Hermes, 1917, p. 621.
Sul culto di A. Pontarca, l'opera fondamentale di I. Tolstoi, L'Isola Bianca e Tauride nel Ponto Eussino (Pietrogrado 1918, in russo) è accessibile in Occidente solo attraverso l'analisi di E. Diehl, in Gnomon, 1927, p. 633. Non pare che ne siano state tratte ancora le conseguenze storiche. Su di un particolare v. Tolstoi, in Revue Archéologique, ser. 5ª, XXVI (1927), p. 201.
La raccolta di fonti figurate in A. Schneider, Der troische Sagenkreis in der älteren griech. Kunst, Lipsia 1886, è ormai antiquata; del pari anche le aggiunte nel buono scritto di E. Romagnoli, in studi it. di fil. class., 1901, p. 35. La tradizione figurata è particolarmente importante per l'Aethiopis.


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