Una famiglia felice




Jean Hanff Korelitz, Una famiglia felice, Piemme, 2016, pp. 492.


Nessuno conosce meglio di te
le ombre del tuo matrimonio.
Eppure, sei l'unica
che sceglie di non vederle.

LA TRAMA. Grace Reinhart Sachs conduce una vita praticamente perfetta a Manhattan, dove fa la psicoterapeuta, abita in una bella casa e ha una splendida famiglia composta da Henry, il figlio dodicenne, e il marito Jonathan, oncologo pediatrico di fama. Non solo: è anche in procinto di pubblicare un libro di consigli per tutte quelle donne – come accade molto spesso alle sue pazienti – che si fidano troppo degli uomini. Non fidarti della prima impressione. Ascolta il tuo istinto anche quando ti dice cose che non vuoi sentire. È più facile annullare una festa di nozze che dieci anni di matrimonio. Frasi che ha ripetuto tante volte alle sue pazienti, senza mai pensare che, un giorno, sarebbero valse anche per lei.

Quel giorno arriva quando suo marito, improvvisamente, una sera non torna a casa da un convegno nel Midwest. Tentando di rintracciarlo, Grace scopre che si è lasciato dietro il BlackBerry e, soprattutto, che da settimane non si fa vivo in ospedale… Quando, nelle stesse drammatiche ore, la madre di un compagno di scuola di Henry viene trovata morta nel suo appartamento, vittima di un'aggressione, la paura di una verità terribile si fa strada dentro Grace. Forse è il momento di ascoltare quella voce fastidiosa che le sussurra all'orecchio cose che non vuole sapere.

Un serratissimo thriller psicologico, bestseller in USA, che è una frenetica corsa verso una sconvolgente scoperta finale. Dopo averlo letto, non riuscirete più a fidarvi di nessuno. Tantomeno di vostro marito.



La storia di base di questo romanzo non è male, anche perché a ognuno di noi sarà capitato di pensare di conoscere benissimo una persona che poi si è rivelata essere tutt'altro, solo che, a mio parere, non è sviluppata benissimo.
Ho trovato il libro troppo descrittivo e dispersivo e in numerosi punti incapace di creare suspense o curiosità. Molte descrizioni sono troppo lunghe e fanno perdere di vista il senso della narrazione.
La "famiglia felice" viene descritta e raccontata solo attraverso gli occhi della protagonista, Grace, senza dare la possibilità al lettore di farsi una propria idea e quindi di entrare veramente nella storia.
Jonathan, che dovrebbe essere il fulcro del racconto, in realtà non compare mai, ma viene raccontato solo attraverso le parole di altri non potendo avere così un vero riscontro della sua personalità, dei suoi comportamenti o delle sue azioni.
Il finale non credo sia un vero finale, non c'è una svolta, ma ancora, per l'ennesima volta, supposizioni fatte da altre.
Penso che sarebbe potuto essere un thriller molto interessante se fosse stato sviluppato meglio e se avesse dato al lettore la possibilità di entrare davvero dentro la storia.


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