L'anima del maiale

Federico Vespa, L'anima del maiale, Piemme, 2019, pp. 160, € 16,90.



Per Federico Vespa, classe 1979, la vita sembra in discesa: il padre è un celebre giornalista, la madre un importante magistrato. Cresce nella Roma bene, Federico, ma ha una sensibilità particolare. Vive con disagio l'euforia spensierata degli anni '80 e '90: a ben guardare, non è tanto meglio del fervore e della violenza degli Anni di Piombo. Sente sulla pelle le derive del consumismo sfrenato, delle relazioni facili ed effimere, del precariato lavorativo e umano, dell'antipolitica che sfocia poi nel populismo. Da esponente dell'ultima generazione analogica partecipa con sgomento, più che curiosità, all'avvento di Internet e dei social.
Mentre l'Italia cambia, declina e implode, Federico scopre i tormenti e le incostanze dell'amore, muove qualche passo in politica, segue il calcio con trasporto, inizia con buon successo la carriera di giornalista radiofonico. Ma c'è un buco nero, un nodo in gola, un senso di vuoto. Il male oscuro della depressione. I farmaci. Le incomprensioni con la famiglia. La sensazione che niente conti davvero, che niente possa distoglierlo dal suo torpore affettivo. L'appuntamento fisso con il bourbon, perché il demone dell'alcol «costa meno dell'analista».
L'anima del maiale è un autoritratto senza reticenze e senza imbarazzi, sul cui sfondo possiamo leggere il paradossale disagio di una generazione intera, ingannata proprio da quei privilegi che avrebbero dovuto renderla felice. Non c'è una morale, nella storia personale di Federico Vespa. O forse c'è: a volte il disincanto e la chiusura in se stessi sono l'unico antidoto a una società vuota e isterica, che ha perso ogni punto di riferimento.




Federico Vespa ripercorre i suoi 40 anni intrecciando le sue vicende private con quelle storico-politiche e sociali del nostro Paese. Racconta della depressione che lo ha attanagliato per diversi anni e dal quale è uscito definitivamente solo da poco, Una condizione che lui associa e lega strettamente alla sua famiglia, una famiglia benestante, una casa lussuosa in un quartiere centrale di Roma, una vita piena di privilegi senza farsi mancare niente. Anche se Federico avrebbe rinunciato volentieri a tutto ciò che aveva, persino al suo cognome, così importante e così altisonante, per avere un po' di serenità, per liberarsi da quel mostro che lo attanagliava e lo teneva ostaggio, rendendolo incapace di provare qualsiasi tipo di emozioni.

[...] avrei voluto uccidere quell'ombra dentro di me responsabile di tutte le mie insicurezza.

Quello che gli esperto chiamano DOC, disturbo ossessivo-compulsivo, si era aggiunto a un perenne nodo in gola che aveva fatto di me un essere completamente estraneo alla sola cosa che chiedevo alla vita: vivere le emozioni che essa mi donava.

Avrei pagato per nascere come quelli che pensano solo alle stronzate, per essere profondo quanto la secca di un mare; se ci pensate gli stupidi e anche i superficiali vivono molto meglio: pensano un decimo rispetto alle persone profonde, spesso godono il doppio per cose che ad altri non smuoverebbero nemmeno un neurone, conseguentemente, il più delle volte, soffrono meno degli altri.
Se io fossi stato stupido, leggero, superficiale, il mostro non lo avrei mai incontrato, invece, non dico di essere straordinariamente intelligente, ma maledettamente profondo sì.


Forse è proprio così: chi è più sensibile, chi riesce a cogliere qualche sfumatura più profonda in ciò che lo circonda è destinato a soffrire di più. A volte sarebbe meglio capire di meno, percepire di meno, per vivere un po' meglio, un po' più serenamente.


"Il cancro della mente". Non voglio offendere nessuno che combatte il male del secolo, per l'amor di Dio, ma il disturbo ossessivo compulsivo, la depressione grave, l'ansia paralizzante, per non parlare di psicosi e schizofrenia non sono altro che questo, un tumore della mente, perché impediscono di vivere, perché in molti casi i soggetti che ne sono affetti si tolgono la vita, perché causano apprensione e dolore in chi ti è vicino, perché. pure se spesso ne esci, rovinano gli anni migliori della tua vita.


Sono pienamente d'accordo con questa affermazione. Le malattie della mente sono delle malattie spesso sottovalutate, non capite, eppure ti logorano lentamente fino a distruggerti e, spesso, non è nemmeno facile parlarne con chi ci sta a fianco o semplicemente chiedere aiuto. In un Paese come il nostro che si vanta di essere moderno e all'avanguardia, le malattie della mente sono ancora viste come un tabù, difficilmente se ne parla e chi ne soffre tende a nasconderlo per non essere etichettato.
Credo, invece, che quando si pensa di avere un problema di qualsiasi natura bisogna parlarne, bisogna avere la forza di chiedere aiuto, perché facendolo non ci dimostriamo deboli ma, anzi, proprio il contrario.

L'anima del maiale è un racconto intimo, personale attraverso il quale Federico Vespa racconta se stesso ma lancia anche un messaggio a tutti coloro che si trovano in una situazione di difficoltà.


Intervista a Federico e Bruno Vespa a "Domenica In" del 22 dicembre 2019





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