La Divina Commedia. Inferno
Dante Alighieri, La Divina Commedia.
Inferno
È il primo dei tre regni dell'Oltretomba cristiano visitato
da Dante nel corso del viaggio, con la guida di Virgilio. Dante lo descrive
come un'immensa voragine a forma di cono rovesciato, che si spalanca nelle
viscere della terra sotto la città di Gerusalemme, nell'emisfero settentrionale
della Terra. Questa cavità sotterranea si è aperta quando Lucifero, cacciato
dal Cielo dopo la sua ribellione a Dio, fu scaraventato al centro della Terra
dove è tuttora confitto; la terra si ritrasse per il contatto col demonio e
avrebbe formato il monte del Purgatorio, che sorge agli antipodi di
Gerusalemme, nell'emisfero meridionale.
Sulla porta dell'Inferno c'è una scritta minacciosa di
colore oscuro, che preannuncia a chi la attraversa le pene infernali e
l'impossibilità di tornare indietro; la porta è scardinata e permette un facile
accesso, ciò in quanto Cristo trionfante dopo la resurrezione la sfondò per
andare nel Limbo e trarre fuori i patriarchi biblici.
L'Inferno è diviso in nove Cerchi, simili a delle cornici
rocciose che circondano la parte interna della voragine e che ospitano i vari
dannati. C'è un Vestibolo, detto anche Antinferno, dove si trovano gli ignavi.
Questo luogo è diviso dall'Inferno vero e proprio dal fiume Acheronte, dove i
dannati vengono traghettati da Caronte sulla sua barca. Il I Cerchio, detto
anche Limbo, ospita i pagani virtuosi e i bambini morti prima del battesimo;
queste anime non sono né dannate né salve e non subiscono alcuna pena, tranne
il desiderio inappagabile di vedere Dio (Virgilio è una di esse).
Dopo il passaggio dell'Acheronte, i dannati giungono davanti
a Minosse, custode del II Cerchio e giudice infernale. Le anime confessano
tutti i loro peccati e Minosse indica qual è il Cerchio dove saranno destinati,
attorcigliando la lunga coda intorno al corpo.
I Cerchi dal II al IX sono ripartiti in tre zone, dove sono
puniti rispettivamente i peccati di eccesso (II-VI), di violenza (VII), di
frode (VIII-IX). Tale suddivisione è tratta dalla dottrina cristiana e da
Aristotele, ed è illustrata da Virgilio a Dante nel Canto XI della Cantica. I
peccati vanno dal meno grave al più grave, con criterio opposto a quello del
Purgatorio.
I peccatori subiscono una pena detta del «contrappasso»,
ovvero che ha un rapporto simbolico di analogia o contrasto col peccato
commesso.
Molte zone dell'Inferno ospitano varie figure diaboliche,
tratte dalla tradizione biblico-cristiana e da quella classica. Questi demoni
sono custodi di Cerchi o Gironi, e spesso hanno un ruolo attivo nel tormentare
le anime. Queste ultime (vale anche per i penitenti del Purgatorio) sono dotate
di un corpo «umbratile», fatto cioè d'aria, che dà loro un aspetto umano e
permette di subire tormenti fisici, per volontà divina imperscrutabile.
Nei Cerchi dal II al V sono puniti i peccati di lussuria,
gola, avarizia e prodigalità, ira. Il VI Cerchio corrisponde alla città di
Dite, custodita da vari demoni e nella quale ci sono gli eresiarchi, fra cui
gli Epicurei.
Il VII Cerchio è diviso in tre gironi: violenti contro il
prossimo (predoni e assassini), contro se stessi (suicidi e scialacquatori),
contro Dio (bestemmiatori, sodomiti e usurai). Nel primo girone scorre un fiume
infernale, il Flegetonte, nel secondo c'è una selva, nel terzo un sabbione reso
infuocato da una pioggia di fiamme.
Tra VII e VIII Cerchio c'è un «alto burrato», un precipizio
scosceso custodito dal mostro Gerione. L'VIII Cerchio è detto Malebolge e
punisce i peccatori di frode contro chi non si fida; è diviso in dieci Bolge,
ciascuna delle quali destinata a una diversa schiera di peccatori.
Il IX Cerchio è detto Cocito, fiume infernale ghiacciato dove
sono puniti i peccatori di frode contro chi non si fida, ovvero i traditori.
Cocito è diviso in quattro zone concentriche, dette Caina (traditori dei
parenti), Antenòra (traditori della patria), Tolomea (traditori degli ospiti),
Giudecca (traditori dei benefattori). Al centro di Cocito e della Terra è
Lucifero, confitto nel ghiaccio e descritto come un orrendo mostro. Sbattendo
le ali produce un vento gelido che forma il ghiaccio di Cocito. Uno stretto
budello sotterraneo, detto «natural burella», collega il centro della Terra e
il fondo dell'Inferno alla spiaggia del Purgatorio, posto agli antipodi di
Gerusalemme.
Dante offre dell'Inferno una rappresentazione fisica,
materiale, per rendere un'idea efficace dei terribili castighi cui sono
condannati i vari peccatori, e questo è il significato principale della sua
discesa all'Inferno. Il viaggio ha però anche valore allegorico, come il
percorso di purificazione morale che ogni uomo deve compiere in questa vita per
liberarsi dal peccato, sotto la guida della ragione rappresentata da Virgilio.
In questo senso Dante compartecipa moralmente alla pena dei dannati, provando
per loro una pietà che non va intesa genericamente come compassione, ma come
turbamento angoscioso che provoca in lui la presa di coscienza del peccato
punito e gli consente di superarlo.
Questo spiega le varie reazioni di Dante di fronte allo
spettacolo della dannazione, che possono essere di profondo turbamento, di ira e
sdegno, di disperazione . Talvolta Dante si mostra cortese e benevolo verso i
dannati, come nel caso di Brunetto Latini, altre volte contribuisce egli stesso
ad accrescere la loro pena, come nel caso di alcuni traditori di Cocito. In
ogni caso è chiara e netta la condanna verso i peccatori, conformemente alla
giustizia divina. Le figure diaboliche che tentano invano di impedire il fatale
andare di Dante, voluto da Dio in virtù di un altissimo privilegio e perciò
ineluttabile, vanno interpretate come allegoria di quegli impedimenti
peccaminosi che frenano l'uomo nel raggiungimento della felicità terrena,
necessaria premessa per la salvezza eterna. Non a caso è sempre Virgilio, cioè
la ragione, ad aiutare Dante a superare questi ostacoli, tranne nel caso dei
diavoli della città di Dite per i quali è necessario l'intervento del messo
celeste.
Nell'Inferno dantesco scorrono quattro fiumi, la cui origine
è descritta da Virgilio nel finale del Canto XIV, dopo l'incontro con Capaneo.
Secondo Virgilio, dentro il monte Ida a Creta c'è un vecchio gigantesco, con le
spalle volte all'Oriente e il viso a Roma, con la testa d'oro, il petto e le
braccia d'argento, il ventre di rame, le gambe e il piede sinistro di ferro, il
piede destro (su cui si appoggia) di terracotta. A parte il capo, tutto il suo
corpo è pieno di fessure da cui gocciolano le lacrime, che, forato il terreno,
scendono nell'Inferno formando Acheronte, Stige, Flegetonte, Cocito. L'immagine
è tratta dal passo biblico in cui re Nabucodonosor sogna un vecchio identico,
che qui è probabilmente allegoria dell'Umanità decaduta nel peccato dopo l'età
dell'oro, cioè l'Eden, e che è successivamente scivolata nel peccato. I due
piedi di ferro e terracotta rappresentano forse l'Impero e la Chiesa.
L'Acheronte è il primo fiume incontrato nella discesa, dopo
il Vestibolo, e divide questo luogo dall'Inferno vero e proprio. Caronte
traghetta le anime dannate sull'altra sponda con la sua barca.
Lo Stige sgorga dal IV Cerchio e discende nel V, dove si
impaluda e forma una sorta di acquitrino: qui sono immersi gli iracondi e la
palude è presidiata da Flegiàs, che con la sua barca ha il compito di
traghettare le anime verso la città di Dite che lo Stige circonda (ma forse il
demone trasporta nella palude anche gli iracondi).
Il Flegetonte è un fiume di sangue bollente, che scorre nel
I Girone del VII Cerchio. Vi sono immersi i violenti contro il prossimo, in
misura maggiore o minore a seconda del peccato commesso, e a sorvegliarli ci
sono i Centauri, armati di arco e frecce.
Cocito è l'ultimo fiume, che si trova nel IX Cerchio dei
traditori. È completamente ghiacciato dal vento prodotto dalle ali di Lucifero,
che è confitto al centro di esso, ed è diviso nelle quattro zone di Caina,
Antenòra, Tolomea, Giudecca.
Nella «natural burella» che collega il fondo dell'Inferno
alla spiaggia del Purgatorio, è descritto un corso d'acqua che i due poeti
risalgono controcorrente e che scorre quindi dal Purgatorio verso l'Inferno: è
generalmente interpretato come lo «scarico» del Lete, che fa dimenticare tutti
i peccati commessi dai Penitenti.
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