La Divina Commedia

 

Buongiorno Lettrici e Lettori.

Il 2021 è l'anno del 700° centenario della morte di Dante Alighieri. Le iniziative per celebrare questo importante anniversario saranno numerose e molte sono già partite. 

Dante Alighieri e la sua opera hanno occupato una gran parte della mia carriera universitaria. La Commedia, infatti, è stata oggetto della mia tesi di laurea e ho passato diversi mesi a occuparmene, quindi capite bene che non potevo sottrarmi a celebrare anche io questo importante avvenimento. Così ho pensato di proporre un piccola racconto del poema con una piccola analisi per ogni canto.

Pensiamo sempre che leggere Dante sia qualcosa di complicato e adatto a pochi. Io ho imparato che non è così: basta solo un piccolo impegno per scoprire la meraviglia che si cela dietro i suoi versi.

Il proposito è quello di una pubblicazione settimanale dell'analisi di un canto. Intanto iniziamo con una piccola presentazione dell'opera.

Spero di essere utile e di riuscire a far appassionare a questa lettura sempre così attuale.


Dante Alighieri, La Divina Commedia.




Dante iniziò la composizione della Commedia durante l’esilio, probabilmente intorno al 1307. Il titolo originale è Commedia, o meglio Comedìa, secondo la definizione dello stesso Dante; l’aggettivo Divina fu aggiunto dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante e comparve per la prima volta in un’edizione del 1555 curata da Ludovico Dolce. È un poema didattico-allegorico, scritto in endecasillabi e in terza rima. Racconta il viaggio di Dante nei tre regni dell’Oltretomba, guidato inizialmente dal poeta Virgilio (che lo conduce attraverso Inferno e Purgatorio) e poi da Beatrice (che lo guida nel Paradiso). L’opera si propone anzitutto di descrivere la condizione delle anime dopo la morte, ma è anche allegoria del percorso di purificazione che ogni uomo deve compiere in questa vita per ottenere la salvezza eterna e scampare alla dannazione. È anche un atto di denuncia coraggioso e sentito contro i mali del tempo di Dante, soprattutto contro la corruzione ecclesiastica e gli abusi del potere politico, in nome della giustizia.

La Commedia  è divisa in 3 Cantiche (Inferno, Purgatorio, Paradiso), ognuna delle quali divisa in canti: il numero è di 34 canti per l’Inferno (il primo è di introduzione generale al poema), 33 per Purgatorio e Paradiso, quindi 100 in totale. Ogni canto è composto di versi endecasillabi raggruppati in terzine a rima concatenata (con schema ABA, BCB, CDC…), di lunghezza variabile (da un minimo di 115 a un massimo di 160 versi).

Nell’opera ci sono alcuni parallelismi, che rientrano nel gusto tipicamente medievale per le simmetrie: il canto VI di ogni Cantica è di argomento politico, secondo un climax ascendente (Firenze nell’Inferno, l’Italia nel Purgatorio, l’Impero nel Paradiso). Ogni Cantica termina con la parola «stelle» («e quindi uscimmo a riveder le stelle», Inf., XXXIV, 139; «puro e disposto a salire a le stelle», Purg., XXXIII,145; «l’amor che move il sole e l’altre stelle», Par., XXXIII, 145) e su tutto domina il numero 3, simbolo della Trinità.

 

La Commedia è il racconto di un viaggio, che ha un significato letterale e un altro allegorico. Il significato letterale è quello del viaggio di un uomo, Dante, che la notte del 7 aprile dell’anno 1300 si smarrisce in una selva, dove incontra alcune belve feroci e viene poi soccorso dall’anima del poeta Virgilio, che lo conduce attraverso i tre regni dell’Oltretomba. Questo viaggio ha la funzione di illustrare al lettore la condizione delle anime post mortem, come Dante stesso chiarisce nell’Epistola XIII a Cangrande della Scala, e si svolge nella settimana santa dell’anno in cui papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo della Chiesa cristiana, cioè dall’8 al 14 aprile del 1300. 

Il viaggio ha però anche un significato allegorico, ovvero quello di un percorso di purificazione morale e religiosa che ogni uomo può e deve compiere in questa vita per ottenere la salvezza eterna. In questa luce i vari personaggi del poema possono avere un doppio significato, letterale (o storico) e allegorico: Dante è un poeta fiorentino, ma è anche ogni uomo (senso allegorico); Virgilio è il poeta latino autore dell’Eneide, ma anche la ragione naturale degli antichi filosofi in grado di condurre ogni uomo alla felicità terrena; Beatrice è la donna amata da Dante, ma è anche la teologia rivelata e la grazia divina in grado di condurre ogni uomo alla felicità eterna.

Virgilio, allegoria della ragione umana, può guidare Dante solo fino al Paradiso Terrestre posto in vetta al monte del Purgatorio, che è a sua volta allegoria della felicità terrena e del possesso delle virtù cardinali (prudenza, fortezza, temperanza e giustizia), mentre sarà Beatrice a guidare Dante fino al Paradiso Celeste, allegoria della felicità eterna e del possesso delle virtù teologali (fede, speranza e carità).

Il titolo Commedia si riferisce al fatto che il poema comincia male, con lo smarrimento angoscioso nella selva, e finisce bene, con l’ascesa all’Empireo e la visione di Dio.

Quanto alla lingua, Dante si serve del volgare fiorentino, benché ricorra anche a latinismi, francesismi, provenzalismi e prestiti da varie altre lingue. Dante ricorre talvolta a linguaggi strani e incomprensibili (le parole di Pluto, quelle di Nembrod nell’Inferno), mentre altrove conia degli arditi neologismi (specialmente nel Paradiso). Questo ha portato gli studiosi a parlare di plurilinguismo e pluristilismo della Commedia.

La novità straordinaria della Commedia non è tanto la descrizione dei luoghi dell’Aldilà, quanto piuttosto il fatto che Dante non si limita a descrivere castighi e premi ma indica personaggi noti che il pubblico del tempo conosceva molto bene; ciò risponde anche a un’altra funzione, quella di usare esempi noti e spesso «scandalosi» al fine di denunciare i mali e le ingiustizie del tempo.

 

Dante svolge un duplice ruolo: quello di protagonista del viaggio e di poeta chiamato a narrare questo viaggio straordinario, consapevole del privilegio eccezionale e della missione straordinaria a cui è chiamato.

 

Il poema ebbe un immediato successo e conobbe una straordinaria diffusione nell’Italia del primo Trecento: la tradizione manoscritta ci ha trasmesso circa 700 codici, rendendo impossibile ogni tentativo di edizione critica. Non possediamo l’autografo dantesco e si pensa che i versi della Commedia fossero diffusi anche oralmente, forse influenzando gli stessi copisti.

Nel Trecento fu soprattutto Boccaccio a coltivare il culto dantesco, visto che l’autore del Decameron curò l’edizione manoscritta dei «Cento», scrisse un Trattatello in laude di Dante, lesse e commentò pubblicamente i primi 17 canti dell’Inferno.

Nel Quattrocento e Cinquecento a Dante fu preferito il modello di Petrarca, soprattutto quanto alla lingua e allo stile, anche se non mancarono estimatori del poema che fu commentato e anche stampato in edizioni prestigiose. Nel Seicento l’interesse per la Commedia  calò, rinascendo in parte nel Settecento e soprattutto in età romantica, quando Dante diventò simbolo di amore patriottico, forza morale, esempio politico per l’Italia da unificare. Uno studio critico e più scientifico del testo iniziò alla fine dell’Ottocento, con la critica storica di Carducci: nel 1888 si costituì la Società Dantesca, che nel 1965 (in occasione del settimo centenario della nascita del poeta) ha pubblicato l’edizione del poema curata dal Petrocchi.



- Società Dante Alighieri 

- Dante Alighieri in Enciclopedia Treccani

- La Divina Commedia in Enciclopedia Treccani

- Dante Alighieri in "Storia europea della letteratura italiana" di Alberto Asor Rosa, pp. 150-238.

 

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