Inferno. Canto XIV, XV, XVI

 Inferno. Canto XIV



VII Cerchio - Terzo Girone: Violenti contro Dio (bestemmiatori), giacciono in un sabbione infuocato.

Giunti al limite tra il secondo e il terzo girone, Dante si trova di fronte a una moltitudine di dannati, anime nude piangenti.

Alcuni dannati giacciono supini (bestemmiatori), altri siedono raggomitolati (usurai), altri camminano senza sosta (sodomiti). Quest'ultima categoria, condannata a un'eterna deambulazione, era la più numerosa. Su tutto il sabbione piovevano falde di fuoco.


Indi venimmo al fine ove si parte

lo secondo giron dal terzo, e dove

si vede di giustizia orribil arte.                                          6

[...]


D’anime nude vidi molte gregge

che piangean tutte assai miseramente,

e parea posta lor diversa legge.                                     21

 

Supin giacea in terra alcuna gente,

alcuna si sedea tutta raccolta,

e altra andava continuamente.                                       24


[...]


Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento,

piovean di foco dilatate falde,

come di neve in alpe sanza vento.                                30 



Inferno. Canto XV



VII Cerchio - Terzo Girone: Sodomiti.

Dante e Virgilio si sono staccati dalla macchia spinosa dei Suicidi e si avviano alla traversata del terzo girone. Incontrano una schiera di anime che rimonta l'argine.

Un'anima del gruppo riconosce Dante. Quando il dannato allunga la mano, Dante fissa gli occhi su quel povero viso arrostito e tanto lo scruta che la devastazione delle ustioni non può impedirgli di riconoscerlo a sua volta: si tratta di Brunetto Latini.

Dante chiede spiegazioni sui dannati e dalle parole di Brunetto capisce che si tratta di Sodomiti, condannati alla deambulazione perenne.

L'etica cristiana condanna la sodomia, esercitata tanto sul maschio quanto sulla femmina, come trasgressione della legge di natura che finalizzerebbe l'uso del sesso alla procreazione.

La violenza contro natura ha una denotazione specifica. Consiste nel deliberato sopruso morale che il pederasta esercita su un ragazzo, un discepolo soggiogandolo col prestigio intellettuale, con le seduzioni del potere politico o economico o mondano e comunque con la prospettiva del privilegio di appartenere a una élite semiclandestina.

Per il poeta cristiano la violenza, qualsiasi violenza, non è semplice infrazione di una legge di natura e di ragione: è, sempre, imposizione violenta di una ragione snaturata.


Così adocchiato da cotal famiglia,

fui conosciuto da un, che mi prese

per lo lembo e gridò: «Qual maraviglia!».                     24

 

E io, quando ’l suo braccio a me distese,

ficcai li occhi per lo cotto aspetto,

sì che ’l viso abbrusciato non difese                             27

 

la conoscenza sua al mio ’ntelletto;

e chinando la mano a la sua faccia,

rispuosi: «Siete voi qui, ser Brunetto?».                       30



Inferno. Canto XVI



VII Cerchio - Terzo Girone: Sodomiti.


Mentre Dante e Virgilio attraversano il terzo girone del settimo cerchio, tre ombre insieme si staccano da un nuovo reparto in movimento, correndo verso i viandanti.

Le tre anime sono piene di piaghe slabbrate, cicatrici oscene che marchiano a fuoco i loro corpi. Una volta che hanno raggiunto i due poeti questi dannati si dispongono in cerchio e iniziano a saltellare. Dante li descrive come dei lottatori.

I tre sono sodomiti benemeriti per i servizi resi alla patria fiorentina nel campo politico e militare.

Essi si presentano attraverso le parole di uno di loro: sono Guido Guerra, Tegghiaio Aldobrandi, Iacopo Rusticucci.

Dante ha parole lusinghiere per queste anime e dopo una breve conversazione prosegue il suo cammino, giungendo alla fine del cerchio e apprestandosi a entrare in nuovi ambienti e a incontrare nuovi dannati.

Alla fine del canto viene introdotto un nuovo personaggio demoniaco, Gerione, anche se ancora non viene palesato.


ma qui tacer nol posso; e per le note

di questa comedìa, lettor, ti giuro,

s’elle non sien di lunga grazia vòte,                             129

 

ch’i’ vidi per quell’aere grosso e scuro

venir notando una figura in suso,

maravigliosa ad ogne cor sicuro,                                 132



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