Inferno. Canto XVII e Canto XVIII

 Inferno. Canto XVII.




Settimo Cerchio - Terzo Girone: Usurai, ultima categoria dei Violenti contro Dio.

Il Canto chiude idealmente la prima parte della Cantica, in cui Dante ha mostrato i peccati di eccesso, di eresia e di violenza, e introduce la seconda parte dedicata principalmente ai peccati di frode, che occuperanno in tutto tredici Canti.

Finalmente appare la figura mostruosa introdotta alla fine del canto precedente.
Gerione rappresenta l'allegoria della Frode e viene descritto attraverso una serie di metafore e similitudini. Inoltre questa figura mostruosa aiuterà Dante e Virgilio, facendoli salire sulla sua groppa, a scendere nel cerchio sottostante.
Mentre Virgilio contratta con Gerione per il trasporto, Dante si avvicina alle anime che vede. Esse stanno sedute vicine, afflitte dalle fiamme che hanno cancellato i tratti dei loro visi e che non permettono a Dante di riconoscere nessuno. Ma osservandoli bene riesce a vedere che hanno tutti una borsa che pende dal collo. Ciò li designa come Usurai, che Dante liquida con poche terzine.



«Ecco la fiera con la coda aguzza,

che passa i monti, e rompe i muri e l’armi!

Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!».                       3



Inferno. Canto XVIII.




Ottavo Cerchio - I Bolgia - Malebolge: Ruffiani e Seduttori.


Luogo è in inferno detto Malebolge,

tutto di pietra di color ferrigno,

come la cerchia che dintorno il volge.                            3


Dante e Virgilio giungono all'inizio dell'Ottavo Cerchio, nella prima delle Bolge, che Dante definisce Malebolge. Qui sono puniti Ruffiani e Seduttori: essi camminano divisi in due file che procedono in direzioni opposte e sono colpiti con delle fruste da demoni cornuti.

Ruffiani e Seduttori sono fraudolenti perché hanno raggirato con l'inganno delle donne, inducendole a soddisfare le voglie altrui o le proprie. Il loro peccato è dunque ben più grave di quello di eccesso dei lussuriosi, che si sono semplicemente abbandonati all'istinto del piacere. 

Da Malebolge Dante e Virgilio vedono, al di sotto, la II Bolgia, dove sono puniti gli Adulatori. Essi sono ricoperti di sterco e si colpiscono con le loro stesse mani.

Interessante è l'uso, da parte di Dante, di un linguaggio particolarmente crudo e comico-realistico, specie nella seconda parte del Canto: la descrizione della II Bolgia è piena di ripugnanti particolari visivi e olfattivi, nonché di termini ricercati e disusati, dai suoni duri e aspri. Numerosi i termini del volgare linguaggio quotidiano con cui l'autore vuol rendere il dramma grottesco dello spettacolo del peccato punito.


Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso

vidi gente attuffata in uno sterco

che da li uman privadi parea mosso.                           114

 

E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,

vidi un col capo sì di merda lordo,

che non parea s’era laico o cherco.                              117



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