Inferno. Canto XXIII

 Inferno. Canto XXIII



Ottavo Cerchio - Sesta Bolgia: Ipocriti Tristi.


Dante e Virgilio si trovano sull'argine tra quinta e sesta bolgia, uno davanti e l'altro dietro, in silenzio, come i frati francescani.


I dannati della VI Bolgia hanno addosso delle cappe con cappucci scesi davanti agli occhi.

Le cappe sono dorate all'esterno di una doratura abbagliante, ma dentro sono fatte di pesante piombo.


Il Contrappasso: chi in vita ha nascosto sotto le apparenze più accattivanti un'anima opaca e spregevole arranca per l'eternità oberato da una cappa di metallo opaco e spregevole, verniciato da un futile splendore.

Il canto costituisce una sorta di pausa prima dei due canti successivi.

Le cappe dei dannati alludono ovviamente anche ai monaci tra i quali l'accusa di ipocrisia a fini politici era molto diffusa e non è quindi causale che Dante includa due frati godenti tra questi dannati, Catalano e Loderingo, che furono chiamati a mettere pace tra Guelfi e Ghibellini ma finirono per diventare strumento della politica del papa.

Nella Bolgia ci sono anche altri dannati, crocifissi e inchiodati a terra, dove vengono calpestati dagli altri. Tra di essi ci sono i sacerdoti del Sinedrio che condannarono Gesù, colpevoli di ipocrisia in quanto consigliarono il martirio col pretesto di giovare al popolo ebraico mentre ciò fu solo causa di dolore e sciagure.


Là giù trovammo una gente dipinta

che giva intorno assai con lenti passi,

piangendo e nel sembiante stanca e vinta.                 60

 

Elli avean cappe con cappucci bassi

dinanzi a li occhi, fatte de la taglia

che in Clugnì per li monaci fassi.                                   63

 

Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia;

ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,

che Federigo le mettea di paglia.                                   66




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