Inferno. Canto XXVII e XXVIII

 Inferno. Canto XXVII




Ottavo Cerchio - Ottava Bolgia: Consiglieri Fraudolenti

Appena finita la conversazione con Ulisse si avvicina un'altra anima che attira l'attenzione di Dante e Virgilio.
Si tratta dell'anima ghibellina del conte Guido I da Montefeltro. L'anima si avvia in un lungo monologo. Non vede il suo interlocutore e neanche gli interessa, pensando che Dante sia un'anima morta e che quindi la sua confessione rimarrà seppellita. Guido, nel suo lungo discorso, pensa di elogiarsi ma, in realtà, ammette il suo peccato e quanto sia stato ingenuo.

S’i’ credesse che mia risposta fosse

a persona che mai tornasse al mondo,

questa fiamma staria sanza più scosse;                     63

 

ma però che già mai di questo fondo

non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,

sanza tema d’infamia ti rispondo.                                  66



Inferno. Canto XXVIII




Ottavo Cerchio - Nona Bolgia: Seminatori di scandalo e scisma.

Il Canto è dedicato ai Seminatori di discordie, ovvero coloro che hanno creato ad arte divisioni soprattutto in campo religioso e politico, puniti con un contrappasso molto evidente: in vita essi hanno diviso e lacerato, ora sono fatti a pezzi da un diavolo armato di spada che li mutila orribilmente.

Per rappresentare la pena di questi disgraziatissimi dannati e il ribrezzo che gli hanno procurato, Dante costellerà l'intero canto di termini del linguaggio tecnico, del più triviale lessico quotidiano, di immagini minuziosamente schifose.

Gli ospiti della Nona Bolgia hanno lacerato da vivi ciò che doveva rimanere unito. Per questo si presentano scissi. Un diavolo li mutila e li squarta col taglio della spada ogni volta che completano il circuito della loro inarrestabile ronda e, una volta rimarginate le ferite, gli tornano a tiro.


Già veggia, per mezzul perdere o lulla,

com’io vidi un, così non si pertugia,

rotto dal mento infin dove si trulla.                                  24

 

Tra le gambe pendevan le minugia;

la corata pareva e ’l tristo sacco

che merda fa di quel che si trangugia.                          27


[...]


E tutti li altri che tu vedi qui,

seminator di scandalo e di scisma

fuor vivi, e però son fessi così.                                        36


[...]


gridò: «Ricordera’ti anche del Mosca,

che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta",

che fu mal seme per la gente tosca».                          108


Dante, in questo canto, presenta diversi dannati come esempi di seminatori di discordia.

Tra di essi c'è Maometto che la tradizione considerava come rinnegato che aveva operato uno scisma all'interno del Cristianesimo, colpevole quindi, di aver lacerato la verità del mondo cristiano.

Dante incontra poi Mosca dei Lamberti che fu colui che, in un certo modo, diede il via allo scontro tra guelfi e ghibellini.


Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,

un busto sanza capo andar sì come

andavan li altri de la trista greggia;                                120

 

e ’l capo tronco tenea per le chiome,

pesol con mano a guisa di lanterna;

e quel mirava noi e dicea: «Oh me!».                           123

 

Di sé facea a sé stesso lucerna,

ed eran due in uno e uno in due:

com’esser può, quei sa che sì governa.                                126


Il dannato che va in giro tenendo la sua testa in mano come fosse una lanterna è Bertran de Born che creò discordia tra Enrico II, re d'Inghilterra, e il figlio Enrico III, incitando quest'ultimo a ribellarsi al padre.





Commenti