Inferno. Canto XXXI

 Inferno. Canto XXXI




Nono Cerchio - Lago di Cocito: I Giganti.


Lasciata la bolgia decima, Virgilio e Dante risalgono lungo la scarpata e si avviano ad attraversare in diagonale l'argine che delimita il grande anello di Malebolge, senza aprire bocca. Nella foschia crepuscolare, "che è più fiacca della luce del giorno, più spessa del buio della notte", un suono di corno lacerante  orienta i loro occhi a risalire verso la fonte sonora.
Dante, voltando la testa in direzione del suono, sembra di scorgere la cinta torrata di una città. Ma il maestro lo disinganna subito, spiegando che non sono torri bensì Giganti.
Il primo è Nembròth. "Per la sua pensata nel mondo non si parla più un'unica lingua". È meglio non perdere tempo a parlare con lui, tanto non c'è linguaggio che egli comprenda, così come è impossibile comprendere lui.
Nembròth è dannato in eterno ad accozzare relitti irriconoscibili della lingua di Dio e degli Ebrei, lui che aveva voluto edificare la torre di Babele, blatera in modo incomprensibile.
Per evitare il protrarsi di quella conversazione sordomuta, i due viandanti allungano il tragitto, scorrendo verso sinistra in parallelo all'orlo dell'ultimo abisso, e si imbattono in un secondo colosso. Ha il braccio sinistro piegato e costretto per davanti, il destro indietro sulla schiena, da una catena enorme, la quale è fissata al collo e gli avviluppa la parte del corpo che sbuca dal pozzo in cinque spire. È Fialte che si esibì al meglio quando i giganti misero paura agli dei. Non muove più le braccia che ha menato all'impazzata.
Il terzo gigante che vedono è Anteo, il quale per non essere lontano, per avere l'uso della parola e per non essere il catene, si candida alla funzione di deporli nel fondo ghiacciato di tutte le colpe.
Così Dante e Virgilio si ritrovano con il castello di Malebolge alle spalle e possono vederne la strana struttura.
Con il fronte esterno che guarda verso l'interno e contiene i fossati che lo recingono, come a proteggerlo dalla voragine del pozzo verso il quale convergono. E il pozzo si svela, a sua volta, per un castello concavo, cinto da torri.
Due fortezze speculari e concentriche chiudono il luogo di reclusione dei Frodatori fra la sabbia rovente dell'estrema Violenza e il ghiaccio del Tradimento.


I Giganti rappresentano delle divinità rudimentali. Essi hanno tutti analoga stazza e patiscono tutti la stessa degradazione.
"Ribelli agli dei e complici nella costruzione un rudimentale grattacielo di montagne accatastate, i Giganti patiscono l'infame minorazione di vedersi pietrificati nel torpore minaccioso delle torri che sembrano e sono."
 

Ed elli a me: «Però che tu trascorri

per le tenebre troppo da la lungi,

avvien che poi nel maginare abborri.                             24

 

Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,

quanto ’l senso s’inganna di lontano;

però alquanto più te stesso pungi».                              27

 

Poi caramente mi prese per mano,

e disse: «Pria che noi siamo più avanti,

acciò che ’l fatto men ti paia strano,                               30

 

sappi che non son torri, ma giganti,

e son nel pozzo intorno da la ripa

da l’umbilico in giuso tutti quanti».                                 33


[...]


torreggiavan di mezza la persona

li orribili giganti, cui minaccia

Giove del cielo ancora quando tuona.                           45


[...]

E ’l duca mio ver lui: «Anima sciocca,

tienti col corno, e con quel ti disfoga

quand’ira o altra passion ti tocca!                                 72

                                                                 

[...]

[…] «Elli stessi s’accusa;

questi è Nembrotto per lo cui mal coto

pur un linguaggio nel mondo non s’usa.                      78


[...]


Fialte ha nome, e fece le gran prove

quando i giganti fer paura a’ dèi;

le braccia ch’el menò, già mai non move».                  96

 

[...]

[…] «Tu vedrai Anteo

presso di qui che parla ed è disciolto,

che ne porrà nel fondo d’ogne reo.                               102



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