Dialoghi con Leucò

 Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, 1947.



«Pavese si è ricordato di quand’era a scuola e di quel che leggeva: si è ricordato dei libri che legge ogni giorno, degli unici libri che legge. Ha smesso per un momento di credere che il suo totem e tabù, i suoi selvaggi, gli spiriti della vegetazione, l’assassinio rituale, la sfera mitica e il culto dei morti, fossero inutili bizzarrie e ha voluto cercare in essi il segreto di qualcosa che tutti ricordano»: così Pavese stesso presentava questi suoi Dialoghi, nei quali il mito antico e fondativo ritrova il proprio carattere eterno, e quindi tremendamente attuale. Perché tornare alle sorgenti del mito – sia quello di Ulisse o di Edipo, di Achille o di Teseo – significa ricominciare a credere nella vita, la vita di ogni uomo fatta di dolori e speranza.



In questi Dialoghi, Pavese cerca di trovare e spiegare qualche significato nascosto di importanti miti della storia greca, lasciando dei messaggio importanti a tutti noi sulla vita e sulla destinazione che essa ha per ognuno di noi, sottolineando come nessuno possa sfuggire all'ineluttabilità della sua esistenza.


achille Non si sfugge alla sorte.


Centrale, in quasi tutti i dialoghi, è il destino "in una cornice di perdurante separazione tra gli uomini e gli dei".

Riscoprire i miti significa ricominciare a credere nella vita concreta di ogni uomo, "intrisa di dolore e di speranza". Significa credere nel mistero della nostra esistenza, accettarne il suo corso e provare a non farsi abbattere dal dolore ma lasciarsi trascinare dalla speranza.


Questo libro è stato una lettura molto interessante. Pavese cerca di svelare una sorta di significato nascosto dei miti presi in esame, dimostrando come ciò che provano a dirci sia attuale e riguardi tutti noi.



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