Il ritratto di Dorian Gray

Oscar Wilde, Il ritratto di Doria Gray, I edizione originale 1890, I edizione italiana 1905.



Il pittore Basil Hallward ha ritratto il giovane Dorian Gray, di eccezionale fascino. Questi, ossessionato dall'idea di invecchiare e perdere la sua avvenenza ottiene, grazie a un sortilegio, che ogni segno che il passare del tempo e i vizi potrebbero lasciare sul suo viso compaiano solo sul ritratto. Avido di piaceri e sregolatezze, si abbandona agli eccessi e ai delitti più sfrenati senza che nulla del suo splendore vada perduto. Il volto del ritratto si trasforma così nell'atto di accusa più spietato per Dorian che, al colmo della disperazione, lo squarcia con una pugnalata. Ma è lui a cadere morto. Le fattezze del ritratto tornano quelle del giovane puro di un tempo, mentre a terra giace un vecchio ripugnante.



La ricerca della bellezza è il vero segreto della vita.


Ne Il ritratto di Dorian Gray il tema del doppio è affrontato in modo un po' diverso rispetto a quanto aveva fatto Stevenson: se il dottor Jekyll ha la personificazione dell'altro sé in mister Hyde, Dorian Gray lo trova in un dipinto che lo raffigura e che rappresenta la sua coscienza.


«Ogni ritratto dipinto con sentimento è un ritratto dell'artista, non del modello. Il modello è solamente un accidente, l'occasione. Non è lui quello che viene rivelato dal pittore; è piuttosto il pittore che sulla tela dipinta rivela se stesso. Il motivo per cui non esporto questo quadro è che ho il timore di avervi messo in evidenza il segreto della mia anima».


I brutti e gli stupidi hanno la parte migliore del mondo. Possono mettersi seduti a loro agio e godersi lo spettacolo. Se della vittoria non sanno nulla, gli viene perlomeno risparmiata la consapevolezza della sconfitta. Vivono come tutti dovremmo vivere: senza turbamenti, indifferenti e senza preoccupazioni. Non fanno male agli altri e non ricevono male da mani altrui.


Dorian sembra essere ossessionato dalla bellezza e dall'apparenza. Il romanzo è quasi un manifesto del dandismo e con al suo interno una serie di spunti di riflessioni molto attuali, almeno dal mio punto di vista. Di fronte alla bellezza rappresentata nel dipinto che lo raffigura, Dorian stipula una sorta di patto col diavolo esprimendo la volontà che il quadro invecchi al posto suo. Il suo desiderio verrà esaudito e quando vede il quadro cambiare in seguito alle sue azioni rimane, in un primo momento molto turbato, ma, col tempo, non si tirerà indietro dal compiere qualsiasi tipo di malvagità, compiacendosi e non facendo nulla per combattere questo suo lato oscuro.


Dorian Gray [...] considerava il male solo un mezzo mediante il quale realizzare la sua concezione della bellezza.


Solo il finale sembrerà riscattare in parte il personaggio e, forse, lo stesso Wilde. 

Sia Stevenson che Wilde affidano alla tematica del doppio il compito di giudicare la malvagità dell'uomo, ma in entrambi le colpe vengono scaricate sull'alter ego, allontanando da se stessi le responsabilità.


Voleva fuggire da se stesso. [...] La vita era diventata un fardello troppo pesante da sopportare.


Il ritratto di Dorian Gray rappresenta una fotografia della società del tempo, troppo basata sull'apparenza e sul dover essere ciò che gli altri si aspettano, ignorando ciò che, in realtà, accade intorno. Il romanzo rappresenta, sicuramente e come già detto, una sorta di manifesto dell'estetismo e del dandismo, di cui Wilde era un grande sostenitore. Inoltre, i personaggi, tutti maschili e tutti votati all'estetica (il pittore alla ricerca della bellezza assoluta, Harry sostenitore della bellezza e dell'apparenza, Dorian disposto a tutto pur di conservare intatta la sua esteriorità) e i loro dialoghi indicano, a mio parere, dei coming out ante litteram, in un'epoca in cui, troppo spesso, non si poteva essere ciò che si era ma si doveva essere ciò che gli altri volevano vedere.


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