Inferno. Canto XXXIII

 Inferno. Canto XXXIII




Nono Cerchio - Antenòra: Traditori della patria

Incontro con il Conte Ugolino. Invettiva contro Pisa. 

Ingresso nella terza zona, la Tolomea, dove sono punti i Traditori degli ospiti. Incontro con Frate Alberigo. Invettiva contro i Genovesi.

Il Canto risulta diviso in due parti quasi equivalenti, dedicate alla tragedia del conte Ugolino e all'incontro con Frate Alberigo, chiuse entrambe in modo simmetrico da una invettiva contro Pisa e Genova.

L'incipit del Canto è tra i più famosi e strazianti di tutto l'Inferno.

Ugolino è straziato da un ricordo che gli schiaccia il cuore, ma nonostante la disperazione è pronto a raccontare, quasi a darne spettacolo "purché l'esibizione frutti l'infamia al traditore che sta masticando", l'arcivescovo Ruggieri.

La romanza del conte Ugolino intona la sospettosa attesa del pasto, il padre che guarda i figli nel viso e non apre bocca, non piange, specchia il proprio dolore nella loro fame e si morde le mani e i figli pensano che sia per voglia di metter qualcosa sotto i denti e gli offrono in pasto le loro misere carni.

Non è molto chiaro perché Dante collochi il Conte Ugolino proprio qui, anche perché non si limita a ficcarlo nel ghiaccio dei traditori ma gli arroga un supplemento di condanna.

Non c'è consolazione naturale alla morte di un figlio, se non nella naturale fiducia di non sopravvivergli a lungo. E il conte Ugolino, dannato nella dannazione, "sta sopravvivendo in eterno ai suoi figli, sta presenziando per sempre all'evento della loro morte".

Nel rito antropofago torna a sperimentare l'infinita insaziabilità del dolore e per lui non ci sarà pietà.

È come se Dante lo accusasse di aver tradito i suoi figli per soddisfare le sue ambizioni personali. In fondo, i suoi figli sono stati incarcerati e lasciati morire per colpa sua. Forse è proprio per questo che Dante aggiunge una pena ancora più severa che diventa un monito per tutti noi: le nostre azioni possono avere dure ripercussioni anche sulle persone che ci stanno accanto, quindi prima di fare qualsiasi cosa che possa mettere in pericolo chi amiamo dobbiamo riflettere e valutare bene, mettendo da parte i nostri egoismi.

La terza zona di Cocito ospita dei dannati che giacciono riversi, affiorando alla superficie solo con la mandorla del viso. Il pianto stesso impedisce di piangere e il dolore, non trovando sfogo per gli occhi, si versa in dentro a moltiplicare atrocemente, così che il primo fiotto di lacrime, condensandosi in cristallo, fa groppo e colma l'orbita dell'occhio.

È la Tolomea che ospita i Traditori degli ospiti.

In questa zona le anime possono giungere prima che si sia morti. Appena un'anima consuma un tradimento, il corpo le viene rilevato da un demonio che lo governa per tutto l'arco di tempo che gli rimane, mentre l'anima arriva quaggiù.

A dare queste informazioni a Dante è Frate Alberigo, frate gaudente di gran famiglia guelfa fiorentina. 


La bocca sollevò dal fiero pasto

quel peccator, forbendola a’capelli

del capo ch’elli avea di retro guasto.                               3

[…]

Ma se le mie parole esser dien seme

che frutti infamia al traditor ch’i’ rodo,

parlar e lagrimar vedrai insieme.                                     9

[…]

Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino,

e questi è l’arcivescovo Ruggieri:

or ti dirò perché i son tal vicino.                                       15

[…]

ambo le man per lo dolor mi morsi;

ed ei, pensando ch’io ’l fessi per voglia

di manicar, di subito levorsi                                             60

e disser: "Padre, assai ci fia men doglia

se tu mangi di noi: tu ne vestisti

queste misere carni, e tu le spoglia".                            63

[…]

già cieco, a brancolar sovra ciascuno,

e due dì li chiamai, poi che fur morti.

Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno».                       75

[…]

Cotal vantaggio ha questa Tolomea,

che spesse volte l’anima ci cade

innanzi ch’Atropòs mossa le dea.                                 126



Commenti