Purgatorio. Canto II

 Purgatorio. Canto II.




Il Canto è diviso in due parti, che corrispondono all'arrivo dell'angelo nocchiero con la barca dei penitenti e all'incontro col musico Casella, che si conclude col rimprovero di Catone. 

L'episodio è aperto dall'ampia e complessa descrizione astronomica dell'alba, che rappresenta un piccolo proemio dopo quello della Cantica del Canto I: Dante descrive il sole e la notte come due figure astronomiche che percorrono la stessa strada ai punti opposti del cielo, per cui il sole sta tramontando sull'orizzonte di Gerusalemme e la notte spunta sul Gange, il punto estremo dell'Occidente, in congiunzione con la costellazione della Bilancia. L'immagine si completa con quella dell'Aurora, personificata come la dea classica, che è rossastra quando il sole sta per sorgere e diventa giallo-arancione ora che sull'orizzonte del Purgatorio è l'alba. La metafora astronomica proseguirà a metà circa del Canto, quando Dante spiegherà che il sole è salito nel cielo tanto da aver cacciato il Capricorno dallo zenit, dardeggiando con le sue saette ogni punto della spiaggia.

Segue poi l'apparizione dell'Angelo Nocchiero. È il primo incontro con un ministro celeste e la sua apparizione avviene per gradi, con la descrizione della luce che si muove intorno a lui velocissima, per finire con Virgilio che invita Dante a inginocchiarsi.

Tra le anime portate dall'angelo nocchiero ce n’è una che riconosce Dante: è Casella, un musico molto amico del poeta. È la prima anima che Dante incontra nel secondo regno e il colloquio tra i due sarà un momento di serenità in netto contrasto con gli incontri e i dialoghi avuti nell'Inferno.

Casella spiega il percorso che fanno le anime per arrivare in Purgatorio e il perché lui vi stia giungendo ora. Dante poi chiede al suo amico di cantare qualcosa così come era solito fare in vita. Casella inizia a intonare dei versi che erano stati composti da Dante ma ecco che subito arriva Catone a riprendere e rimproverare le anime invitandole a non attardarsi ad ascoltare Casella ma a continuare il loro cammino verso la purificazione e la salvezza, poiché ogni manifestazione artistica, che distolga l’anima dai suoi doveri morali può risultare disdicevole.

[...]

Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,

per li grossi vapor Marte rosseggia

giù nel ponente sovra ‘l suol marino,                            15

 

cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia,

un lume per lo mar venir sì ratto,

che ‘l muover suo nessun volar pareggia.                   18

 

[…]

 

Lo mio maestro ancor non facea motto,

mentre che i primi bianchi apparver ali;

allor che ben conobbe il galeotto,                                   27

 

gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali.

Ecco l’angel di Dio: piega le mani;

omai vedrai di sì fatti officiali.                                           30

 

Vedi che sdegna li argomenti umani,

sì che remo non vuol, né altro velo

che l’ali sue, tra liti sì lontani.                                          33

 

Vedi come l’ha dritte verso ‘l cielo,

trattando l’aere con l’etterne penne,

che non si mutan come mortal pelo».                           36

 

[…]

 

noi siam peregrin come voi siete.                           63

 

Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,

per altra via, che fu sì aspra e forte,

che lo salire omai ne parrà gioco».                               66

 

[…]

Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!

tre volte dietro a lei le mani avvinsi,

e tante mi tornai con esse al petto.                                81



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