Riflessioni

 



Questa mattina avrei voluto scrivere una recensione. Parlarvi e consigliarvi uno dei bei libri che ho letto. Raccontarvi le mie impressioni, fare qualche critica. Esprimere un po' di spensieratezza.

Poi quando mi sono ritrovata con la pagina bianca davanti non ce l'ho fatta, non me la sono sentita di parlare di bellezza mentre davanti agli occhi ho immagini di terrore e disperazione.

Rifletto tanto su quanto sta accadendo. Sul fatto che pensavo di appartenere a una generazione che non avrebbe mai vissuto delle situazione che avevo letto solo sui libri, su quelli di storia o su quelli che raccontavano i periodi di guerra. Invece mi sono dovuta ricredere. Quella generazione che credevo fosse portatrice di pace, combattente per ogni tipo di diritto, cittadina del mondo, si ritrova a vivere in un periodo di guerra. E vedere le immagini che scorrono in questi giorni in televisione mi ferisce profondamente. Sentire le notizie al telegiornale mi riempie di tristezza e mi rende incredula: non pensavo davvero che tutto questo potesse succedere. Ancora. Di nuovo.

Mi rimbombano in testa le parole di Giambattista Vico sui «corsi e ricorsi storici», sul fatto che dovremmo imparare dalla Storia per non commettere gli stessi errori. Eppure a me sembra che abbiamo fatto un salto nel passato, che dalla Storia non abbiamo imparato niente, che dal male e dal dolore non abbiamo appreso nulla.

Il nostro Paese non è stato colpito direttamente dalla guerra, è vero. Non abbiamo i carro armati sotto casa o i soldati che girano armati fino ai denti per le strade dei nostri quartieri, è vero. Ma sentiamo ogni giorno le conseguenze che ci potrebbero colpire. E sentire che forse tra qualche mese potrebbe non esserci farina per fare il pane è qualcosa che credevo non potesse mai succedere nel mondo in cui vivo, popolato dall'opulenza, dal superfluo e in cui siamo circondati da cosa di cui potremmo fare tranquillamente a meno ma che fanno parte della nostra quotidianità. 

Ecco tutto questo mi rende triste, mi rende instabile, impotente e quasi incapace di poter sopportare tutto. Io che sono abituata a combattere in mezzo alla tempesta più feroce.

Chiedo scusa per il mio sfogo, ma questa pagina è nata anche per questo: per poter dire ciò che penso e poterlo condividere con chi sceglie di essere qui.

Ringrazio chiunque si soffermerà a leggere queste righe e vi saluto con delle parole a cui dovremmo pensare un po' più spesso.


I bambini giocano alla guerra


I bambini giocano alla guerra.

È raro che giochino alla pace

perché gli adulti

da sempre fanno la guerra,

tu fai “pum” e ridi;

il soldato spara

e un altro uomo

non ride più.

È la guerra.

C’è un altro gioco

da inventare:

far sorridere il mondo,

non farlo piangere.

Pace vuol dire

che non a tutti piace

lo stesso gioco,

che i tuoi giocattoli

piacciono anche

agli altri bimbi

che spesso non ne hanno,

perché ne hai troppi tu;

che i disegni degli altri bambini

non sono dei pasticci;

che la tua mamma

non è solo tutta tua;

che tutti i bambini

sono tuoi amici.

E pace è ancora

non avere fame

non avere freddo

non avere paura.


Bertolt Brecht




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