Storia aperta

Davide Orecchio, Storia aperta, Bompiani, 2021, pp. 672, € 22.00.



“Chi siamo noi?”, ci chiediamo all'inizio di questo romanzo. “Noi siamo ignoranti. Noi siamo, in miliardi di pixel, gli eredi”, coloro che vivono ormai fuori della linearità storica, dove il solo modo per capire i nostri padri è studiare. Così, in principio c’è un padre bambino, appena nato e già pronto ad affrontare il Novecento perché è un “bambino diacronico”, “creatura della durata”. Grazie alle parole che ha scritto – perché i bambini diacronici hanno lasciato montagne di parole, con le loro grafie sghembe, i loro dattiloscritti, telegrammi, articoli, faldoni – possiamo seguirne i passi attraverso il secolo breve, che non lo è stato affatto per chi come lui lo ha vissuto in ogni suo palpito. L’educazione fascista, l’amore con Michela, l’Etiopia, il fronte greco-albanese; la consapevolezza, l’adesione al comunismo, la Resistenza; la militanza politica che assorbe ogni altra vocazione, anche quella di padre, di scrittore; il terrorismo, poi il destino del partito, le verità, la perdita di identità; la vecchiaia come un “brodo sugli occhi” attraverso cui cercare di credere ancora. Questa la sorte di Pietro Migliorisi, protagonista di Storia aperta ed eteronimo di tanti uomini e donne della sua generazione: Davide Orecchio li riporta in vita attraverso una vertiginosa tessitura delle proprie parole e di quelle (in larghissima parte inedite) lasciate dal padre Alfredo Orecchio, insieme ai testi di molti comprimari, di cui nella Nota finale è offerto un toccante catalogo. In queste pagine avviene una moderna nékyia, la rievocazione di coloro che vissero in un tempo altro, nel quale splendeva il sole dell’avvenire, e si compie l’impresa di un romanzo in cui la polvere di tante voci ne compone una sola. Davide Orecchio insegue il mistero di un padre sconosciuto, ne indaga le traiettorie possibili, si impone un ferreo rigore documentario ma al tempo stesso permette alla fantasia di colmare lacune, sognare destini. Nel silenzio del passato, nel buio dell’inchiostro, cerca la luce.


Storia aperta di Davide Orecchio è un libro che si snoda e sviluppa tra realtà, finzione e ricerca della verità.

Davide Orecchio prova a raccontare, riscattare e conoscere. Ammette di non aver conosciuto veramente suo padre, di averlo giudicato solo per ciò che lui aveva mostrato, non provando a fare uno scatto in più verso una conoscenza più profonda anche a causa di alcuni limiti evidenti (la differenza d'età fra tutti). Davide confessa di aver imparato a conoscere e a rivalutare suo padre attraverso i suoi scritti, pubblici e privati, che gli hanno restituito un uomo molto diverso da quello che conosceva, figlio del suo tempo e delle vicende.


[...] I bambini diacronici sono durevoli, resistenti, mutano senza mai spegnersi, come tutti i bambini hanno la potenza della fioritura, e come loro soffrono le malattie [...] ma diversamente dal bambino comune il bambino diacronici ha un suo rizoma storico, e in questo fusto di squame sotto la terra, lontano dalla vita visibile, lui barbica e trova il suo vitto. 


Storia aperta è, in un certo senso, la storia di Alfredo Orecchio, una biografia che, però, per nascere e vivere ha bisogno anche della finzione. Così entra in campo Pietro Migliori si che permette al narratore qualche licenza inventiva e romanzata, soprattutto per colmare le sue conoscenza lacunosi.

Pietro Migliorisi è un bambino-ragazzo-uomo diacronico, una persona che vive e subisce il suo tempo, un po' come tutti i suoi contemporanei.

Diventa fascista e al fascismo si affida. Parte volontario per la guerra d'Africa ma ben presto si accorge che quello che vive e che vede non ha nulla di buono. Rendersene conto, però non basta. Pietro vorrebbe uscire dal fascismo, ma non riesce a trovare subito il modo per farlo. 


Pietro continua a mischiarsi col fascismo "perché lui ne ha bisogno, deve farlo se vuole trovare il suo posto nel mondo" , lui è figlio del regno, è un seme del nostro fascismo. 


E allora Pietro si sente un "uomo spezzato" che deve trovare il modo di ricomporsi. Così prova a uccidere il proprio fascismo. Entra nella Resistenza e poi nel partito comunista, ma ancora non basta: si sente sempre come se dovesse dimostrare qualcosa. Passerà tutta la sua vita nel tentativo di cancellare da dentro di sé l'errore del fascismo.

Anche la scrittura segue e rappresenta i sentimenti del protagonista. Emerge l'urgenza del racconto, della necessità di disfarsi di un fardello troppo pesante da portare. Sia per il protagonista che per il narratore. 

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