Purgatorio. Canto XXI e Canto XXII

 Purgatorio. Canto XXI. Canto XXII


I due Canti sono strettamente legati. In entrambi troviamo la figura di Stazio che elogia Virgilio come suo maestro e fonte di ispirazione per le sue opere.

Stazio spiega perché si trova in Purgatorio e il significato del terremoto che i due poeti hanno sentito nel canto precedente.


Canto XXI



V Cornice. Incontro con Stazio che spiega il terremoto ed elogia Virgilio.

L'episodio è stilisticamente e retoricamente elevato, specie nel discorso di Stazio che prima spiega la ragione del terremoto e del canto delle anime, poi si presenta con una elegante prosopopea; l'atmosfera è densa di immagini religiose, a cominciare dalla similitudine della Samaritana che diede da bere a Gesù e di cui Dante si serve per descrivere la sua sete di conoscenza dottrinale, per passare poi a quella di Stazio paragonato ancora a Gesù risorto che appare ai due discepoli a Emmaus.

La spiegazione di Stazio circa il motivo del terremoto e del conseguente canto delle anime è un discorso retoricamente complesso, anticipato dalla domanda di Virgilio anch'essa stilisticamente elevata con la metafora delle Parche per indicare che Dante è ancor vivo: Stazio spiega che il Purgatorio è esente da ogni alterazione atmosferica.

Il Canto seguente spiegherà quanto grande sia il debito di riconoscenza che Stazio ha verso l'opera di Virgilio, e sarà il primo passo di un percorso di riflessione intorno alla poesia che avrà il suo punto finale nell'ingresso nell'Eden e nell'incontro, anch'esso non privo di riferimenti letterari, con Beatrice.


[...]

Stazio la gente ancor di là mi noma:

cantai di Tebe, e poi del grande Achille;

ma caddi in via con la seconda soma.                          93


Canto XXII



Salita alla VI Cornice. Stazio spiega il suo peccato di prodigalità e il suo Cristianesimo; nomina illustri personaggi del Limbo. Ingresso nella VI Cornice: esempi di temperanza.

Il Canto completa l'episodio che ha per protagonista Stazio: qui l'elogio prosegue e si amplia, indicando Virgilio come colui che ha dapprima spinto Stazio a convertirsi al Cristianesimo e poi lo ha fatto ravvedere dal suo peccato, quello di prodigalità. È Virgilio a chiedere a Stazio spiegazioni circa il suo peccato di avarizia, che gli pare incompatibile col senno mostrato dall'autore della Tebaide nei suoi scritti. Stazio spiega che il suo peccato è stato in realtà quello opposto, ovvero quello di prodigalità che è punito nella stessa V Cornice e che può condurre alla dannazione tanto quanto quello di cupidigia. Il Canto si chiude con l'accesso alla VI Cornice e la descrizione dell'albero rovesciato che sembra avere le radici rivolte verso l'alto, fra i cui rami si sentono gli esempi di temperanza dichiarati da una misteriosa voce.


Già era l’angel dietro a noi rimaso,

l’angel che n’avea vòlti al sesto giro,

avendomi dal viso un colpo raso;                                    3

[…]

Ma dimmi, e come amico mi perdona

se troppa sicurtà m’allarga il freno,

e come amico omai meco ragiona:                               21

 

come poté trovar dentro al tuo seno

loco avarizia, tra cotanto senno

di quanto per tua cura fosti pieno?».                              24


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