Purgatorio. Canto XXIX

Purgatorio. Canto XXIX




 

Nel Paradiso Terrestre. Dante e Matelda risalgono il Lete; improvviso fulgore e melodia. Invocazione di Dante alle Muse. La processione simbolica: apparizione del carro.

Canto molto allegorico e simbolico.

Il Canto è dedicato pressoché per intero alla descrizione della processione simbolica che rappresenta la vicenda storica della Chiesa, costituendo una pausa didascalica che, da un lato, prepara l'arrivo di Beatrice nel Canto successivo, dall'altro prefigura le vicende allegoriche del carro che saranno al centro del Canto XXXII. Tutto l'episodio è pervaso da un intenso fervore mistico, sottolineato da uno stile e da un linguaggio alto e solenne che si rifà ampiamente alle Sacre Scritture e si allontana decisamente dal tono idilliaco e poetico del Canto precedente: ciò è sottolineato dall'invocazione alle Muse e in particolare a Urania, la Musa dell'astronomia e della scienza celeste, che dovranno assistere Dante per mettere in versi cose difficili da pensare.

La processione simboleggia il procedere della Chiesa nella storia umana, che ha al centro la venuta di Cristo sulla Terra raffigurato dal grifone che traina il carro: quest'ultimo rappresenta più propriamente la Chiesa di Roma e, come si vedrà, Beatrice apparirà nel Canto seguente proprio su di esso, a significare la sua interpretazione come allegoria di Cristo-verità rivelata.

La processione si arresta quando il carro è di fronte a Dante, sempre dall'altro lato del fiume, e ciò è stato interpretato come espediente narrativo per creare l'attesa che sarà sciolta nel Canto seguente, ovvero dell'arrivo di Beatrice che è l'evento centrale del poema.

 

A descriver lor forme più non spargo

rime, lettor; ch’altra spesa mi strigne,

tanto ch’a questa non posso esser largo;                    99

 

ma leggi Ezechiel, che li dipigne

come li vide da la fredda parte

venir con vento e con nube e con igne;                        102

 

e quali i troverai ne le sue carte,

tali eran quivi, salvo ch’a le penne

Giovanni è meco e da lui si diparte.                             105



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