La neve in fondo al mare

Matteo Bussola, La neve in fondo al mare, Einaudi, 2024, pp. 192, € 17,00.


Un padre e un figlio, dentro una stanza. L’uno di fronte all’altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell’altro. Loro due, insieme, in un reparto di neuropsichiatria infantile. Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo o che si fanno del male, che vivono l’estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l’intollerabile sensazione di non essere più all’altezza del proprio compito.

Con la voce calda, intima, di un padre smarrito, Matteo Bussola fotografa l’istante spaventoso in cui genitori e figli smettono di riconoscersi, e parlarsi diventa impossibile. Attraverso un pugno di personaggi strazianti e bellissimi, ci ricorda che ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato.

– Scoprire la profondità della tristezza di un figlio, a neanche sedici anni, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato. In cui proprio non dovrebbe esserci.

– Che vuoi dire?

– Tipo, non so. Come trovare la neve in fondo al mare.

Matteo Bussola racconta un nodo del nostro tempo: la fragilità adolescenziale.

Scrive una storia toccante, piena di grazia, sul tradimento che implica diventare sé stessi. E ci mostra, con onestà e delicatezza, quel che si prova davanti al dolore di un figlio, ma anche la luce dell’essere genitori, che pure nel buio continua a brillare.

Perché è difficile accogliere la verità di chi amiamo, soprattutto se lo abbiamo messo al mondo. Ma l’amore porta sempre con sé una rinascita.



Fare i genitori non è facile.

Non esiste un libretto delle istruzioni e ogni nuovo genitore prova a trovare la strada giusta, che non sempre esiste o che, perlomeno, ciò che può sembrare giusto per un genitore non sempre lo è per un figlio.

E durante l’adolescenza la frustrazione e la ribellione contro le decisioni dei genitori raggiungono il loro culmine. È quello che accade ai protagonisti di questa storia con un’aggravante in più: l’adolescenza di Tommy coincide con la pandemia che contribuisce ad acuire e ad accentuare i disagi dei ragazzi, facendo emergere tutta la loro fragilità.

I genitori si trovano impreparati e increduli di fronte al dolore dei loro figli, incapaci di comprenderne le cause e ignorandone i sintomi per lungo tempo.


Siamo Ulisse e Telemaco all’incontrario, il padre che attende il ritorno del figlio squassato dai flutti più pericolosi, quelle delle aspettative disattese, dei sensi di colpa che piegano la schiena, del non sentirti all’altezza del mondo, del non sentirmi all’altezza di te.



Siamo ricoverati in due non perché lui sia il figlio malato e io il genitore che non può abbandonarlo, ma perché questa cosa sta divorando entrambi.

Siamo ricoverati entrambi perché ciò che consuma la sua carne consuma pure la mia.



No, fare i genitori non è affatto facile. 

L’errore è sempre in agguato. 

Genitori e figli si trovano a combattere una guerra che sembra alimentata dall’odio mentre è l’amore incondizionato ad alimentarla. I figli che non vogliono deludere i genitori ma che, allo stesso tempo, cercano un modo per attirare la loro attenzione e mostrare il proprio disagio. Genitori che credono di fare la cosa giusta, che cercano di non commettere gli errori dei loro genitori che tanto li avevano feriti ma che, alla fine, cadono nello stesso burrone da cui avevano cercato con tutte le forza di girare alla larga.

Matteo Bussola riesce a colpire dritto al cuore. Ha la capacità di raccontare il dolore, la sofferenza, la frustrazione con una delicatezza che sa diventare quasi una carezza. Le sue parole ci spingono a riflettere, a guardarci dentro, a confrontarci con noi stessi e sanno commuoverci toccando le corde più delicate dei nostri sentimenti.



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