Neige Sinno, Triste tigre, Neri Pozza, 2024, pp. 240, € 18.00.
Doveva avere sette anni, forse nove, non lo ricorda con esattezza Neige quando il suo patrigno ha cominciato ad abusare di lei. A parte il momento esatto in cui tutto ha avuto inizio (il trauma ha alterato per sempre la cronologia dei fatti), i ricordi sono perfettamente incisi nella mente e nel corpo della donna che Neige è diventata. La decisione a diciannove anni di rompere il silenzio, la denuncia, il processo pubblico, il carcere per lo stupratore, la vita nuova molto lontano dalla Francia. E quella donna si è interrogata a lungo se scrivere il libro che stringete tra le mani, perché trovava solo motivi per non farlo. Fino al giorno in cui il passato l’ha raggiunta e l’impossibilità di scrivere è diventata impossibilità di non scrivere. Questa che leggerete non è «soltanto» la storia di una bambina che è stata violentata per anni da un adulto; è la ricerca pervicace degli strumenti per dire di quell’altro luogo, il paese delle tenebre dove vivono tutti quelli come Neige; è il rifiuto netto della retorica delle vittime (nessuna resilienza, nessun oblio, nessun perdono); è la necessità di trovare semplici parole precise che dichiarino l’irreparabilità del danno; è l’urgenza di rendere testimonianza, sì, ma collettiva. Perché l’abuso si consuma in una dimensione separata di omertà e solitudine, una dimensione che è fisicamente la stessa in cui si svolge il resto della vita, ma che si sovrappone come un doppio di intollerabile nitore. Triste tigre è il viaggio in questa dimensione, è il dialogo necessario con i grandi della letteratura che questa dimensione l’hanno interrogata, e che hanno fornito all’autrice gli strumenti per tutto questo. Un libro, che usa la scrittura come un martello, attraversato da una domanda: colui che ha creato l’agnello ha creato anche la tigre?
Io ho voluto crederci,
ho voluto sognare che il regno della letteratura mi avrebbe accolta come una
delle tante orfane che vi trovano rifugio, ma neppure attraverso l’arte si può
uscire vincitori dall’abiezione. La letteratura non mi ha salvata. Io non sono
salva.
Triste tigre è un’autobiografia dura, scritta con un linguaggio crudo, quasi violento nella sua crudele realtà.
L’autrice decide di raccontaregli abusi subiti, fin dall’infanzia, da parte del suo patrigno.
Lo fa a distanza di molti anni, quando pensava che ormai fosse tutto finito, passato.
Ho creduto di essere
libera. Ma non si è mai completamente liberi, perché niente finisce per
davvero, e se diventiamo qualcun altro, anche la parte buia prosegue
imperterrita.
E racconta perché sente il dovere di farlo, perché è necessario parlarne affinché quanto successo a lei possa non ripetersi più.
Anche se, come purtroppo ben sappiamo, tutto questo succede ancora.
Questo libro vuole essere anche un invito e un aiuto per chiunque sia vittima di violenza: bisogna parlarne e denunciare anche se farlo possa voler dire far saltare equilibri familiari. Bisogna trovare la forza e il coraggio dentro sé stessi per denunciare ciò che si subisce.
Neige, a un certo punto della sua vita, quel coraggio lo ha trovato ed è riuscita, con grande determinazione, a trovare la sua strada, anche se ciò che ha subito non potrà mai essere cancellato.
Non si possono dare dei giudizi su questo libro, o almeno io non me la sento. È un libro che colpisce molto, che spinge a riflettere.
Una cosa che mi ha colpito particolarmente è la ricerca letteraria fatta dall’autrice: cita diverse opere letterarie che hanno come argomento gli abusi.
Triste tigre è stato un caso letterario, vincitore del Premio Strega Europeo 2024, oltre che vincitore di numerosissimi altri premi, eppure l’autrice, a un certo punto, si augura che il libro venga letto da poche persone perché, ancora una volta, è la vergogna ad attanagliarla.
La vergogna si propaga
alla svelta, è contagiosa.
I lettori che hanno letto, e che continueranno a leggere questo libro, dimostrano a Neige che lei non ha nulla di cui vergognarsi, anzi deve essere molto orgogliosa di sé stessa perché ha avuto la forza e il coraggio di denunciare e di raccontare la sua storia.
Grazie a Neri Pozza per la copia omaggio.
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