Antonio Scurati, M. L'ora del destino, Bompiani, 2024, pp. 672, €22,80.
Sono trascorsi quarant’anni da quando il figlio del fabbro di Dovia ha mosso i primi passi in politica; quasi venti da quando ha impugnato lo scettro del potere; poche settimane da quando ha annunciato agli italiani che il destino batte l’ora della guerra. Proprio adesso, alla fine di giugno del 1940, quel destino offre al Duce un segno, forse un presagio: Italo Balbo, il condottiero della Milizia, il maresciallo dell’aria celebre in tutto il mondo, viene abbattuto in volo da fuoco amico. Ma non c’è più tempo per volgersi indietro. Affinché la Storia metta in scena l’immane tragedia della guerra, ciascuno deve interpretare la sua parte.
Come il generale Mario Roatta, feroce pianificatore di
rappresaglie e capo di un esercito spaventosamente impreparato; Galeazzo Ciano,
ossessionato dall’idea di dominare il Mediterraneo; Edda, pronta a unirsi alla
Croce rossa per avere la sua prima linea; Clara Petacci, che stringe tra le
braccia un uomo sempre più simile a un fantasma; Amerigo Dùmini, l’assassino di
Matteotti, che ha prosperato ricattando quel fantasma; e la lunghissima sfilza
di gerarchi, tra cui Dino Grandi, sempre più insofferenti verso il Duce.
Costretta a fare il proprio dovere è poi una generazione
intera di italiani, uomini, donne, soldati, tra cui l’alpino Mario Rigoni
Stern, arruolatosi volontario, che nel gelo del fronte russo apre gli occhi
sulla natura del dramma a cui partecipa, o il maggiore Paolo Caccia Dominioni,
che deve guidare il suo reparto nelle sabbie della tragica battaglia di El Alamein.
E infine c’è lui, Benito Mussolini, ancora convinto di poter
bilanciare in Europa le brame conquistatrici di Hitler ma in realtà pronto a
scodinzolare al fianco della tigre tedesca come un patetico sciacallo.
A questo quarto pannello della sua epopea letteraria e civile Scurati affida il gigantesco affresco dell’Italia fascista sui fronti del secondo conflitto mondiale, degli errori, degli orrori e dell’eroismo ancora possibile per uomini e donne reduci da vent’anni di dittatura. E tratteggia il ritratto al nero di un uomo di fronte al destino che ha plasmato per sé e per un’intera nazione, un uomo solo all’incrocio tra il parallelo del crepuscolo e un meridiano di sangue.
M. L’ora del destino è il quarto volume della serie di Antonio Scurati su Mussolini. Questo volume copre il periodo che va dal giugno 1940 al luglio del 1943, dalla morte di Italo Balbo alla notte del Gran Consiglio con l’approvazione dell’ordine del giorno Grandi, che vide, di fatto, la caduta di Mussolini.
Italo Balbo morirà in guerra in Africa abbattuto da fuoco amico. Dopo la sua morte Mussolini ordinerà che non se ne parli più.
Balbo è stato tra i pochissimi alti esponenti del regime a osteggiare
la persecuzione degli ebrei italiani, ad avversare l’alleanza con la Germania
nazista e a deprecare la follia di una guerra dalla quale prevede che l’Italia
e il fascismo usciranno annientati.
A parte un privato e formale telegramma alla vedova, in pubblico
Mussolini non spenderà una sola parola di commiato per l’uomo che più di ogni
altro ha contribuito all’avvento del fascismo. Il congedo dal camerata di una
vita si consumerà così, senza una parola di compianto né di rimpianto.
L’ordine, anzi, è di non parlarne più.
Italo Balbo è stato abbattuto dai colpi dei compagni d’armi ma non sarà
la mano dell’amico, commossa e lieve, a scrivere il suo nome nel libro dei
morti.
Chi è Dino Grandi? […] Vent’anni di brillantissima carriera fascista in
cui l’ambizione non ha mai smesso di giocare su due tavoli: sempre fervente,
spericolato adoratore del Duce in privato ma, talvolta, suo tiepido, cauto
avversario in pubblico. Vent’anni faticosi, inutilmente complicati, strabici,
affannati in continue inconcludenti manovre di smarcamento, ad abbuffarsi al
banchetto del fascismo per poi sputare nel piatto.
Questo volume è un po’ diverso dai precedenti dove veniva indagato molto di più l’aspetto umano dei personaggi che hanno abitato quell’epoca. Qui abbiamo un racconto di guerra, con le varie battaglie nei vari fronti, una mera esposizione dei fatti. Ma il filo conduttore non viene mai a mancare: ovvero il profondo cinismo del Capo a cui nessuno osa opporsi.
Tutti gli uomini che si trovano accanto a Mussolini in quei terribili anni di guerra (Generali, Capi di Stato Maggiore, ecc.) sanno benissimo le condizioni dei soldati, dei mezzi che hanno a disposizione, provano timidamente a esporle ma non trovano mai fino in fondo il coraggio di imporre la propria voce. L’unica cosa che sembra sappiano fare è acconsentire a tutto ciò che Mussolini ordina, a soddisfare ogni suo capriccio alimentato da una spasmodica voglia di sedere al tavolo della pace dalla parte dei vincitori.
I generali – lui sa anche questo – gli danno dell’improvvisatore, lo
accusano di fare e disfare piani d’attacco con la stessa disinvoltura con cui
si ordina un caffè ma i generali sono un branco di imbecilli, i resti di un
mondo fossile, reperti ottocenteschi, non hanno capito che nel Ventesimo secolo
le guerre non si vincono con le armate ma con le ideologie, non con il numero
delle divisioni ma con la forza dirompente della volontà che coglie il momento
nel caos generale e insanabile del mondo.
Bisogna tenersi pronti, approfittare delle circostanze, nuotare nella
corrente. È così, in pace come in guerra. È la politica. È la vita. È tutto
qui.
[…]Per lui la guerra era la persecuzione della politica con altri
mezzi, non arrivava nemmeno a riconoscerle questo rango, la guerra dei generali
era soltanto il servo sciocco della sua “geniale” politica, un servo con le
mani lorde di sangue ma non per questo meno servo e meno sciocco.
L’unica persona di fronte alla quale Mussolini sembra perdere la sua capacità di imporsi è Hitler, l’uomo che promette di mandare aiuti all’Italia ma che poi dice di farlo solo se saranno i suoi uomini a usare le armi e i mezzi che lui manderà. Mussolini crede di essere un alleato alla pari accanto alla Germania, ma ben presto dovrà ammettere di essere solo un subalterno. Ma nonostante ciò non rinuncia a seguire la Germania nella battaglia di Russia, mandando, di fatto, a morire migliaia di soldati italiani, senza equipaggiamento e armi adatti.
Prima dei colloqui che Mussolini ha con Hitler, i suoi collaboratori lo incitano a parlar chiaro e a imporsi con Fuhrer, Mussolini promette che lo farà per poi trovarsi sommerso e sopraffatto dallo sproloquio infinito del tedesco.
Sì è vero questo volume è diverso dagli altri ed è meno capace di catturarti nella lettura (la descrizione delle varie battaglie a volte può risultare un po’ noiosa e ripetitiva), ma non per questo meno importante: ci ricorda che i nostri nonni sono stati mandati a combattere e a morire privi di mezzi solo per soddisfare la sete di potere di un uomo che non perdeva occasione per insultarli e denigrarli definendo gli Italiani come un popolo di deboli e di incapaci.
Grazie a Bompiani per la copia omaggio.
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